Per diagnosticare eventuali infezioni delle vie urinarie (IVU); per lo screening della batteriuria asintomatica nelle gravide; per controllo nei bambini con reflusso vescico-ureterale; per modificare il trattamento nelle IVU ricorrenti; prima di effettuare procedure endoscopiche urologiche con possibile trauma della mucosa.
Urinocoltura
Quando il paziente mostra sintomi tipici delle IVU, quali minzione frequente e dolorosa, bruciore, urgenza di urinare, eventuale febbre e/o quando l’esame chimico-fisico e microscopico delle urine rileva la presenza di batteri, leucociti e/o emazie, che sono indicativi di infezione. Nei neonati e nei bambini piccoli (<2 anni di età) i sintomi possono essere aspecifici: si pensa ad IVU in presenza di febbre > 38°C senza cause apparenti, vomito, dolore addominale, urine maleodoranti. Nel corso della gravidanza è opportuno effettuare periodicamente l'esame delle urine e l'urinocoltura, allo scopo di identificare una batteriuria asintomatica, che deve essere trattata.
Sono richiesti alcuni millilitri di urina (almeno 5, meglio 10); il tipo di campione più idoneo è rappresentato dal getto intermedio delle urine del primo mattino, prive di contaminanti, raccolto dopo la pulizia della zona genitale in un contenitore sterile, possibilmente sottovuoto, consegnato in laboratorio il prima possibile. Altrimenti, l’urina può essere raramente aspirata direttamente dalla vescica, tramite puntura sovrapubica oppure mediante catetere urinario: metodiche riservate a pazienti non collaboranti, casi gravi e non responsivi alla terapia. Per facilitare la raccolta dell’urina nei bambini, se non controllano ancora la minzione, è possibile, dopo accurato lavaggio, poggiare un sacchetto sterile adesivo in corrispondenza della zona genitale. Tale modalità presenta però alti tassi di contaminazione. In soggetti con catetere urinario a permanenza la raccolta deve essere effettuata da personale adeguatamente addestrato, utilizzando particolari precauzioni.
Per maggiori informazioni a riguardo, consultare la sezione “Come viene raccolto il campione”.
La preparazione indispensabile è rappresentata dall’igiene delle mani, dell’uretra e delle vie genitali esterne, utilizzando acqua e sapone e asciugatura, prima della raccolta del campione. Occorre comunicare al medico l’eventuale assunzione recente di antibiotici, in quanto potrebbero influenzare il risultato del test. Nelle donne in età fertile il campione va raccolto dopo 3-4 giorni dalla fine delle mestruazioni.
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Quali informazioni è possibile ottenere?
L’urinocoltura è utilizzata, insieme ai risultati dell’analisi dell’urina, per diagnosticare le infezioni delle vie urinarie (IVU) e identificare i batteri o i lieviti che le causano. Se l’urinocoltura risulta positiva occorre eseguire il test di sensibilità agli antibiotici, per identificare
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Quando viene prescritto?
L’urinocoltura viene prescritta, sulla base della presenza di sintomi clinici acuti di IVU, eventualmente dopo aver effettuato un esame chimico-fisico e microscopico (o un test rapido a striscia) delle urine, che rilevi leucociti e batteri nelle urine, allo scopo di identificare il patogeno in causa. Inoltre, l’urinocoltura viene prescritta:
- Nei neonati e nei bambini piccoli con sintomi aspecifici e febbre >38°C senza cause apparenti, vomito, dolore addominale, urine maleodoranti
- Per lo screening della batteriuria asintomatica nelle gravide
- Per controllo nei bambini con reflusso vescico-ureterale
- Nei pazienti che devono effettuare procedure endoscopiche urologiche associate a trauma della mucosa (LG IDSA 2019)
- In caso di infezioni ricorrenti o complicate
Al di fuori della gravidanza, l’urinocoltura non va prescritta come screening in soggetti asintomatici per ricercare un'eventuale batteriuria asintomatica (anziani residenti in comunità con o senza deficit, soggetti diabetici, donne in postmenopausa, ecc).
Segni e sintomi di IVU includono:
- Stimolo frequente e persistente di urinare, anche quando la vescica è vuota
- Dolore e / o sensazione di bruciore durante la minzione
- Urina torbida e maleodorante
- Febbre eventuale
- Dolore lombare
Inoltre, è possibile avvertire una pressione al basso ventre o rilevare la presenza di piccole quantità di sangue nell’urina. Se l’IVU è grave e/o si diffonde ai reni, può causare dolore al fianco, febbre alta, tremore, brividi, nausea o vomito.
Si ricorda che la diagnosi di cistite non complicata viene effettuata sulla base dei sintomi e che nelle giovani donne, secondo le più recenti Linee Guida (IDSA 2019, SIGN 2020), non viene richiesta un'urinocoltura e la terapia è empirica (fosfomicina trimetolato o nitrofurantoina o cotrimossazolo).
Se il medico sospetta un’infezione complicata, o se il paziente non risponde alla terapia iniziale, occorre eseguire l’urinocoltura.
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Cosa significa il risultato del test?
I risultati dell’urinocoltura sono spesso interpretati contestualmente ai risultati dell'analisi dell’urina e ad altri fattori, quali il metodo di raccolta del campione, il tempo intercorso fra la raccolta e la semina, ecc. L’interpretazione dei risultati deve tenere conto della possibilità che il campione sia contaminato dai batteri normalmente presenti sulla cute e sulle mucose (microbiota vaginale e perineale). È oggi necessario evitare/minimizzare il trattamento antibiotico utilizzando regole decisionali, seguendo le più recenti Linee Guida, allo scopo di ridurre l’antimicrobico resistenza, che si è ampiamente diffusa nel mondo e che richiede interventi mirati alla sua riduzione. Il trattamento antibiotico di una batteriuria asintomatica (nel diabete, nei portatori di catetere vescicale, ecc) è associato con un rischio significativamente aumentato di eventi avversi, rappresentati da infezione da Clostridium difficile o da Staphyloccoccus aureus meticillino resistante (MRSA) e dallo sviluppo di IVU resistenti agli antibiotici.
Urinocoltura positiva: solitamente, la presenza di un solo tipo di batteri che cresce in molte colonie viene interpretata come un risultato positivo.
- Per i campioni raccolti in modo appropriato, le colture che hanno più di 100.000 unità formanti colonia (CFU)/mL di un solo tipo di batteri (oppure di 2 batteri) indicano la presenza di infezione
- Tuttavia, in alcuni casi può non essere presente un numero significativamente alto di batteri anche in presenza di infezione. Talvolta, un numero ridotto (10.000-50.000 CFU/mL) di un solo tipo di batteri può indicare presenza di infezione, soprattutto in pazienti sintomatici, se la raccolta è stata effettuata correttamente
- Allo stesso modo, per i campioni raccolti usando tecniche che minimizzano la contaminazione, come il cateterismo e la puntura vescicale, un risultato >1000 CFU/mL può essere considerato positivo
I risultati ottenuti dall’analisi dell’urina possono contribuire all’interpretazione dei risultati dell’esame colturale. Ad esempio, la presenza nel sedimento (esaminato al microscopio o in automazione) di globuli bianchi o di esterasi leucocitaria nel dipstick (enzima rilasciato dai leucociti in corso di degenerazione), di batteri (al microscopio ottico o in automazione) o di nitriti nel dipstick (marcatore indiretto della presenza di batteri, in quanto convertiti, prevalentemente dalle Enterobatteriacee, a partire dai nitrati fisiologicamente presenti nelle urine) conferma la presenza di infezione delle vie urinarie.
Se l’esame colturale risulta positivo, il test di suscettibilità può essere eseguito come supporto alla scelta del trattamento appropriato (per maggiori informazioni a riguardo, consultare l’articolo sul Test di Sensibilità agli Antibiotici). La maggior parte dei casi di IVU, soprattutto nei pazienti non ospedalizzati, sono riconducibili ad Escherichia coli (E. coli), un batterio che risiede nel nostro tratto digerente e che viene rilevato abitualmente nelle feci.
Tuttavia, le infezioni delle vie urinarie possono essere causate anche da altri tipi di batteri, quali:
- Staphylococcus saprophyticus/aureus
- Proteus mirabilis
- Klebsiella pneumoniae
- Enterobacter
- Enterococchi
- Acinetobacter
- Pseudomonas aeruginosa
- Streptococchi beta emolitici
- Citrobacter
Occasionalmente, l’IVU può essere riconducibile ad un lievito, Candida albicans.
Urinocoltura negativa: una coltura che non mostra alcuna crescita dopo 24-48 ore indica assenza di infezione. Tuttavia, se i sintomi persistono e l’esame delle urine mostra la presenza di leucociti, si può ripetere l’esame colturale su un altro campione, per verificare la presenza di batteri a bassa conta o di altri microrganismi che non crescono in coltura (Chlamydia, Micoplasmi genitali, Gonococco, Herpes symplex, Trichomonas) e vanno ricercati con metodi molecolari. Il quadro clinico (prurito, dolore nella minzione, perdite uretrali, ecc) associato alla presenza di globuli bianchi e di un basso numero di microrganismi nell’urina è tipico della sindrome uretrale acuta, che spesso è causata da patogeni sessualmente trasmessi (IST).
Contaminazione/colonizzazione: la crescita di diversi tipi di batteri nella stessa coltura può essere dovuta ad un fenomeno di contaminazione del campione durante la raccolta o ad una semina tardiva rispetto alla raccolta, specialmente se si tratta di Lactobacillus e/o altri batteri vaginali comuni non patogeni. Se i sintomi persistono, l’esame colturale può essere ripetuto su un altro campione, raccolto con maggiore attenzione. Tuttavia, se un tipo di batteri risulta essere presente con un numero di colonie significativamente alto rispetto agli altri, per esempio 100.000 CFU/mL contro 1000 CFU/mL, occorre eseguire ulteriori esami per identificare i batteri predominanti.
Le più recenti Linee Guida citate segnalano che la sola valutazione quantitativa e qualitativa della flora batterica nelle urine mediante esame colturale non è sufficiente a porre diagnosi di IVU (che è sempre una diagnosi clinica). È necessario infatti valutare anche la componente corpuscolata, rilevabile all’esame chimico-fisico e microscopico: leucociti, eritrociti, cellule epiteliali. La presenza di un elevato numero di cellule epiteliali squamose suggerisce una contaminazione, mentre la presenza di batteriuria senza leucociti depone per una colonizzazione (portatori di catetere a permanenza, anziani ricoverati in istituti).
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C’è altro da sapere?
Nel caso di pazienti con infezioni delle vie urinarie frequenti e/o ricorrenti occorre eseguire l’esame colturale e l’antibiogramma ad ogni nuova infezione. Se le IVU sono frequenti, è importante scegliere attentamente la corretta terapia antibiotica e fare attenzione che il paziente ne termini l’intero ciclo.
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L’urinocoltura può essere utilizzata per testare la presenza di infezioni diverse dalle IVU, come ad esempio quelle sessualmente trasmissibili (IST)?
Sì, l’urinocoltura permette di rilevare alcune infezioni sessualmente trasmissibili, anche se non rappresenta il test d’elezione per la ricerca di tali patologie negli adulti. Alcune IST, come infezioni da microrganismi che non crescono o crescono male in coltura: Clamidia, Micoplasmi genito-urinari, Gonococco, Herpes symplex, Trichimonas, possono essere evidenziate in campioni urinari mediante metodi molecolari (amplificazione genica).
Il paziente, qualora abbia avuto rapporti a rischio o sospetti i sintomi di una IST, dovrebbe informare il proprio medico affinché possa prescrivere l’esame corretto (per maggiori informazioni a riguardo, consultare gli articoli sul Test della Clamidia e Test della Gonorrea). Questi metodi possono essere utilizzati per la ricerca delle IST nei bambini che si sospetta abbiano subito molestie sessuali. Il raro reperto di protozoi di origine genitale o elminti (o loro uova) di origine fecale nelle urine non è indicativo di un’infestazione urinaria, ma suggerisce una contaminazione. Trattandosi di elementi indicativi di un’infestazione parassitaria genitale o intestinale, il dato deve essere segnalato nel referto per i relativi approfondimenti e/o trattamenti.
L’esame colturale per la ricerca di micobatteri nelle urine, che deve essere espressamente indicato nella richiesta poiché richiede terreni adeguati ed un laboratorio attrezzato di classe 3, è raccomandato nei casi di sospetta tubercolosi urinaria. Il campione raccolto con il metodo indicato deve essere della prima minzione della mattina, raccolto in 3 giorni diversi, nella quantità di circa 40 mL. In alternativa, il prelievo può essere effettuato mediante cateterizzazione o con puntura sovrapubica. La raccolta delle 24 ore o le urine da sacca non sono utilizzabili a causa della frequenza con cui si verificano contaminazioni. Pazienti sottoposti ad antibioticoterapia ad ampio spettro possono eliminare con le urine sostanze capaci di inibire o ritardare la crescita dei micobatteri (in particolare i chinoloni). La presenza di Mycobacterium tuberculosis nelle urine non necessariamente indica tubercolosi dell’apparato urinario. Infatti, il microrganismo può essere isolato dalle urine anche in corso di tubercolosi polmonare con estese lesioni cavitarie o di tubercolosi generalizzata (pazienti HIV-positivi). Ciò che consente di correlare l’isolamento di Mycobacterium tuberculosis con la diagnosi clinica di tubercolosi urinaria è l’associazione, sempre presente, di leucocituria ed ematuria.
Sarebbe quindi buona prassi eseguire la ricerca di micobatteri nelle urine solo in questi casi, preferendo negli altri casi i campioni respiratori o altro materiale per le tubercolosi extra-polmonari.
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Se il laboratorio richiama il paziente per far ripetere la raccolta a causa della contaminazione del primo campione, cosa significa?
La crescita di tre o più differenti tipi di batteri nella stessa coltura può essere dovuta ad un fenomeno di contaminazione del campione, il quale si verifica tipicamente nel caso in cui la cute e la mucosa dell’area genitale non siano state pulite correttamente prima della raccolta del campione. Tale coltura dovrà essere scartata, in quanto è impossibile determinare se i batteri rilevati si trovavano all'interno o all'esterno delle vie urinarie. La contaminazione del campione può essere evitata lavandosi bene e raccogliendo il mitto intermedio, come indicato.
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Perché il medico, riconosciuti i sintomi di infezione alle vie urinarie, prescrive gli antibiotici senza aver prima eseguito una coltura urinaria?
La maggior parte dei casi di infezione delle vie urinarie inferiori sono riconducibili ad Escherichia coli (E. coli). Solitamente, nelle giovani donne, questo microrganismo è suscettibile a vari antibiotici, quali fosfomicina trimetolato, nitrofurantoina o cotrimossazolo. Nella maggior parte dei pazienti con IVU non complicata, l’infezione può essere trattata con uno di questi antibiotici; per questo motivo, è possibile che il medico li prescriva senza eseguire l’esame colturale. Tale terapia, cosiddetta empirica, non va utilizzata in gravidanza, negli uomini, nelle infezioni ricorrenti, nel sospetto di pielonefrite, nei portatori di catetere vescicale sintomatici per IVU.
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Cosa succede se l’infezione non viene trattata?
L'infezione non trattata, in soggetti con fattori di rischio, può diffondere dalle vie urinarie inferiori verso quelle superiori, infettando i reni e, talvolta, entrando nel flusso sanguigno causando setticemia e sepsi (una patologia grave e potenzialmente letale). Segni e sintomi di setticemia includono febbre, brividi, conta dei globuli bianchi elevata e affaticamento. In caso di sospetta setticemia possono essere prescritti vari esami, tra cui l'emocoltura (coltura di sangue), la procalcitonina, ecc ed una terapia antibiotica adeguata.
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Quali sono i fattori di rischio per le infezioni ricorrenti alle vie urinarie?
Esiste un’ampia gamma di fattori che predispongono alle IVU. Alcuni neonati e bambini presentano delle anomalie congenite (presenti dalla nascita) delle vie urinarie, che li predispongono ad un aumentato rischio di sviluppare IVU. Negli adulti, invece, i fattori predisponenti includono: rapporti sessuali, diabete, gravidanza, scarso controllo della vescica, calcoli renali, immunodepressione e tumori. Negli ospedali, nelle case di riposo e nelle case di cura, il catetere urinario rappresenta il maggior rischio di infezione delle vie urinarie.




Revisore: Rita Caldarelli - biologo, specialista in Patologia Clinica; Paola Pauri - medico, specialista in Igiene e Medicina Preventiva e in Microbiologia