Per determinare se è presente un deficit ereditario di Glucosio 6-fosfato Deidrogenasi (G6PD).
Glucosio 6-fosfato Deidrogenasi (G6PD)
Un campione di sangue venoso prelevato da un braccio, nel neonato, tramite la puntura di un tallone.
In genere no; tuttavia, in caso di sintomi acuti, è preferibile eseguire il test dopo alcune settimane dalla risoluzione dell'episodio.
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Come viene raccolto il campione per il test?
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Esiste una preparazione al test che possa assicurare la buona qualità del campione?
In genere no; tuttavia, in caso di sintomi acuti, è preferibile eseguire il test dopo alcune settimane dalla risoluzione dell'episodio.
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Quali informazioni è possibile ottenere?
L’obiettivo della misura dell’attività della G6PD è quello di individuare il deficit di G6PD e di determinare la sua potenziale gravità. Spesso questo test viene richiesto nei neonati con ittero persistente inspiegabile.
La G6PD è un enzima presente in tutte le cellule, inclusi i globuli rossi, e aiuta a proteggerle contro lo stress indotto da alcune sostanze tossiche prodotte durante il metabolismo cellulare. La carenza di G6PD determina la maggiore fragilità dei globuli rossi e quindi la maggiore tendenza all’emolisi.
Questo esame può essere prescritto a persone di qualsiasi età con episodi emolitici ricorrenti e inspiegabili, itterizia o urine scure. La presenza di un deficit di G6PD è molto probabile in persone che abbiano sviluppato la sintomatologia tipica in seguito a infezioni virali o batteriche o che abbiano assunto delle sostanze note per essere fattori scatenanti gli episodi emolitici in questa patologia.
Talvolta può essere necessario ripetere il test per la conferma diagnostica. I test di screening sono di solito di tipo qualitativo, ossia sono in grado di dire se una persona presenta quantità sufficienti di G6PD; i test di conferma invece sono in grado di rilevare l’esatta quantità di enzima presente (esami quantitativi).
Nella forma più comune di favismo, quella presente nelle persone di origine africana, i livelli di G6PD sono normali negli eritrociti neo prodotti ma diminuiscono progressivamente con l’età degli stessi. Per questo motivo non è raccomandata l’esecuzione del test subito dopo un episodio emolitico ma è necessario aspettare qualche settimana dalla sua risoluzione. Durante un episodio emolitico, la maggior parte degli eritrociti più vecchi e più fragili vengono distrutti, lasciando disponibili per il test solo gli eritrociti più giovani e non ancora carenti di G6PD e che quindi potrebbero fornire un risultato falsamente negativo.
I test genetici non vengono effettuati di routine ma possono essere richiesti per determinare quale/i mutazione/i sia/no presente/i in seguito alla formulazione della diagnosi. Al momento sono state identificate più di 440 mutazioni, in grado di causare un deficit di G6PD di entità variabile. Alcune mutazioni non cambiano la funzionalità enzimatica. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato le mutazioni di G6PD in 5 gruppi, sulla base dei livelli di enzima presenti e sull’impatto che queste possono avere sulla salute delle persone. Tuttavia, durante i test di routine vengono rilevate solo le mutazioni più comuni della G6PD. Se è disponibile l’informazione riguardo una specifica mutazione presente in una certa famiglia, allora possono essere effettuati test per rilevare questa particolare mutazione.
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Quando viene prescritto?
La misura dell’attività della G6PD viene soprattutto eseguita su pazienti con segni e sintomi di anemia emolitica. Il test deve essere eseguito dopo la risoluzione completa di un episodio emolitico. Alcuni segni e sintomi frequenti sono:
- Affaticamento
- Pallore
- Tachicardia
- Fiato corto
- Itterizia
- Emoglobinuria (urine scure per la presenza di sangue/emoglobina)
- Ingrossamento della milza
L’esame può essere richiesto anche i presenza di altri risultati di laboratorio compatibili con un quadro di anemia emolitica, come: aumento della concentrazione di bilirubina, emoglobina nelle urine (emoglobinuria), una diminuzione del numero dei globuli rossi e dell’aptoglobina, e un aumento del numero dei reticolociti (globuli rossi immaturi che indicano un aumento nella loro produzione), dell’LDH e qualche volta la presenza dei corpi di Heinz all’esame dello striscio di sangue periferico.
La misura della attività della G6PD viene prescritta a pazienti nei quali sono state escluse altre cause di anemia e ittero e quando la fase acuta è stata risolta.
Se disponibile, il test può essere eseguito nell’ambito dello screening neonatale.
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Cosa significa il risultato del test?
Se è presente una diminuzione dell’attività enzimatica della G6PD, allora si parla di un deficit vario grado. In generale, più basso è il livello di attività, piùè probabile che il paziente presenti sintomi quando è esposto a stress ossidativi.
I risultati, comunque, non possono essere utilizzati per predire come un paziente affetto reagirà in determinate circostanze. L’entità dei sintomi varierà da paziente a paziente e da episodio a episodio.Se un paziente di sesso maschile presenta livelli normali di attività della G6PD, è altamente probabile che la carenza di G6PD possa essere esclusa e che le cause dell’anemia siano da ricercare altrove. Tuttavia, se il test è stato eseguito durante un episodio emolitico, dovrebbe essere ripetuto dopo alcune settimane per permettere alla popolazione dei globuli rossi di ripopolarsi e di maturare.
Le donne eterozigoti hanno tutti e due i tipi di cellule, quelle con deficit di G6PD e quelle senza deficit. Di conseguenza, queste hanno livelli di attività della G6PD normali o quasi normali, e in poche presentano sintomi. Un portatore può non essere individuato tramite i test di screening per la carenza di G6PD, ma solo con il test di conferma quantitativo. Nella rara omozigosi femminile, l’attività della G6PD è significativamente diminuita.
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C’è altro da sapere?
Sebbene il deficit di G6PD sia distribuito in tutto il mondo, risulta più comune negli individui che provengono dall’Africa e dal Mediterraneo ed è stato trovato anche in individui del Sud-Est Asiatico. L’area geografica in cui si ritrova un aumento della prevalenza della patologia, è la stessa dove è presente la malaria. Alcuni ricercatori sostengono che avere un deficit di G6PD possa rappresentare un vantaggio nella sopravvivenza per i malati di malaria (che colpisce i globuli rossi). Generalmente, la forma di carenza di G6PD delle aree mediterranee è la più aggressiva.
I test biochimici e l’elettroforesi possono essere utilizzati per distinguere diverse varianti di G6PD. Questi test sono stati usati nel passato per studiare la prevalenza e i livelli di attività di differenti tipi di enzimi, sia normali che con deficit, ma attualmente questi vengono usati solo nel campo della ricerca.
Il test della G6PD non può essere fatto subito dopo una trasfusione perché gli eritrociti del donatore maschererebbero la carenza di G6PD.
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Perchéè importante diagnosticare la carenza di G6PD?
La diagnosi permette al paziente di collaborare con il proprio medico al fine di definire uno stile di vita adeguato e che lo accompagnerà in varia misura per tutta la vita. Inoltre il paziente potrà parlare con il proprio medico circa l’impatto che tale patologia potrebbe avere su future scelte procreative, vista la possibilità di trasmettere la patologia alla prole. Conoscendo la patologia e quali siano le sostanze scatenanti gli episodi emolitici, il paziente potrà vivere una vita quasi normale.
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Oltre al test enzimatico, sono disponili altri test per la diagnosi della carenza di G6PD?
Si, in caso di familiarità (ad esempio in caso di madre portatrice di un figlio affetto, figlia di un padre affetto o presenza di più familiari affetti) è possibile sottoporre il paziente ad un test genetico alla ricerca della mutazione responsabile della patologia. In base alla mutazione rilevata, il paziente può manifestare sintomi da lievi a gravi, da acuti a cronici e variabili nel corso della sua vita. Un uomo affetto passerà la mutazione alle figlie che diventeranno portatrici. Una donna eterozigote (portatrice) ha il 50% di possibilità di passare la mutazione ad uno dei suoi figli. Una donna omozigote ha entrambe le copie del gene mutate e quindi passerà necessariamente la mutazione ai figli. Per maggiori dettagli si rimanda alla pagina L’universo dei test genetici.
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È importante determinare quale sia la mutazione presente?
Non per il paziente, ma può essere di aiuto nel rilevare la mutazione in altri membri della famiglia. I test genetici in genere sono in grado di rilevare le mutazioni più comuni. La conoscenza della presenza di una specifica mutazione in una famiglia consente di definire meglio le caratteristiche di quella famiglia.
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È importante comunicare al medico la carenza di G6PD anche per le persone asintomatiche?
Si, si tratta di una parte importante della storia clinica del paziente ed è in grado di condizionare i trattamenti futuri ed i comportamenti clinici. Il medico deve sapere se un paziente ha un deficit di G6PD ma anche se è un portatore asintomatico. Esistono molti trattamenti in grado di peggiorare un episodio emolitico (ad es.una trasfusione) e che richiedono l’immediato intervento medico.

