Fibrinogeno
Noto anche come: Fattore I; Attività del fibrinogeno; Antigene del fibrinogeno
Nome ufficiale: Fibrinogeno (antigene o attività)
Ultima Revisione: 14.04.2022
Ultima Modifica: 14.04.2022
In Sintesi
Perché?
Come parte delle indagini relative ad un possibile difetto della coagulazione o a condizioni di ipercoagulabilità (episodi trombotici), in particolare per valutare la concentrazione e la funzionalità del fibrinogeno (noto anche come fattore I della coagulazione); talvolta, per la stima del rischio di sviluppo di una patologia cardiovascolare; ad intervalli regolari, in pazienti con deficit del fibrinogeno che sono sottoposti a terapia sostitutiva a base di fibrinogeno.
Quando?
In seguito a episodi di sanguinamento (tendenza alla formazione di ecchimosi, frequente epistassi, sanguinamento gengivale), trombotici o entrambi (ad esempio nella CID); in seguito al riscontro di PT e/o APTT allungati; in familiari di soggetti portatori di un’anomalia o una carenza ereditaria di fibrinogeno; talvolta nel caso in cui il clinico voglia stimare il rischio del paziente di sviluppare una patologia cardiovascolare.
Il campione
Un campione di sangue prelevato da una vena del braccio.
La preparazione
No, nessuna. È necessario informare il clinico circa l’eventuale assunzione di farmaci prescritti o da banco, in particolare se anticoagulanti, che potrebbero interferire con il risultato del test.
L'Esame
Il fibrinogeno è una proteina, un fattore della coagulazione (fattore I), essenziale per la formazione appropriata del coagulo. Esistono due tipi di test per la valutazione del fibrinogeno:
- Il test di attività del fibrinogeno, che determina la funzionalità del fibrinogeno durante la formazione del coagulo
- Il test quantitativo, che misura la concentrazione di fibrinogeno nel sangue
Il fibrinogeno è prodotto dal fegato e viene rilasciato in circolo insieme ad altri fattori della coagulazione. Di solito, in seguito al danneggiamento di un tessuto o di un vaso, viene innescato un processo coagulativo, che culmina nella formazione di un coagulo in grado di interrompere il sanguinamento nella sede della lesione. Piccoli elementi cellulari, detti piastrine, aderiscono e si aggregano in corrispondenza della sede della lesione, innescando poi la cascata coagulativa e l'attivazione progressiva dei fattori della coagulazione.
Quasi al termine della cascata, il fibrinogeno solubile è convertito in filamenti di fibrina insolubili, i quali si intrecciano tra loro formando una rete fibrinica. La rete aderisce alla ferita insieme alle piastrine formando un coagulo stabile. La barriera creata previene la perdita ulteriore di sangue e permane fino alla completa guarigione della ferita.
Per la formazione di un coagulo stabile è necessaria la presenza di un numero adeguato di piastrine e fattori della coagulazione e che questi siano normalmente funzionanti. Esistono alcuni esami di laboratorio, tra cui il fibrinogeno, utili per la valutazione del processo coagulativo:
- Il dosaggio funzionale che valuta la fase del processo coagulativo nella quale il fibrinogeno viene convertito in fibrina. Misura il tempo necessario alla formazione di un coagulo di fibrina dopo l’aggiunta, al plasma in esame, di una quantità standardizzata di trombina. Il tempo necessario alla formazione del coagulo è direttamente proporzionale all’attività del fibrinogeno presente. Un tempo prolungato può essere dovuto ad una diminuita concentrazione della proteina normale o ad alterata funzionalità del fibrinogeno.
- Il dosaggio quantitativo del fibrinogeno che misura la quantità della proteina (sia funzionale che non), ma non l’attività.
Il fibrinogeno è anche uno dei fattori del sangue chiamati proteine della fase acuta. La concentrazione del fibrinogeno, insieme a quella di altre proteine della fase acuta, aumenta rapidamente in seguito a patologie e condizioni cliniche associate ad infiammazione. Gli esami per la misura delle proteine della fase acuta, incluso il fibrinogeno, possono essere richiesti come supporto nella determinazione dell'estensione dell'infiammazione.
Come e Perchè
Questo esame è usato per valutare il fibrinogeno, una proteina essenziale per la formazione dei coaguli.
Esistono due tipi di esami:
- Il dosaggio funzionale che misura la funzionalità del fibrinogeno e la sua capacità di convertirsi in fibrina. È usato:
- Come parte degli approfondimenti in caso di sospetti difetti della coagulazione o della formazione inappropriata del coagulo (episodi trombotici)
- Dopo il riscontro di risultati anomali di altri esami della coagulazione (PT e/o APTT) e/o in seguito ad episodi di sanguinamento prolungato o inspiegato
- Insieme ad altri esami come PT, APTT, test di funzionalità piastrinica, prodotti di degradazione della fibrina (FDP) e D-dimero come supporto alla diagnosi di coagulazione intravascolare disseminata (CID) o fibrinolisi anormale.
- Talvolta, insieme ad altri marcatori di rischio cardiovascolare come la proteina C- reattiva (PCR) per la stima del rischio cardiovascolare. Questo particolare uso dell’esame non ha trovato largo consenso tra gli esperti poiché non esiste un trattamento efficace per i risultati elevati. Tuttavia, alcuni medici sono convinti che la misura dell’attività del fibrinogeno possa fornire ulteriori informazioni utili ai fini della valutazione clinica dello stato del paziente.
Il test antigenico del fibrinogeno viene occasionalmente richiesto come esame di follow-up per capire se la diminuita attività sia dovuta ad una carenza di fibrinogeno o alla sua disfunzionalità (causata da disfibrinogenemia ereditaria o acquisita)
Domande Frequenti
Se la concentrazione di fibrinogeno è elevata per la presenza di un processo infiammatorio acuto, questa dovrebbe tornare normale al momento della risoluzione della condizione clinica scatenante. Nel caso in cui l'aumento sia dovuto ad una patologia acquisita, come l’artrite reumatoide, allora le strategie d'intervento sono limitate.
Nel caso in cui il medico ritenga che la concentrazione di fibrinogeno possa aumentare il rischio di patologie cardiovascolari, è possibile apportare modifiche nello stile di vita, riducendo il colesterolo, aumentando le HDL, conducendo uno stile di vita più sano, e assumendo acidi grassi omega-3 e omega-6 (olio di fegato di merluzzo).
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Fonti
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