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HIV e AIDS: novità circa la prevenzione e l’accesso ai servizi che migliorano la vita

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Revisori:

Paola Pauri - Medico specialista in Igiene e Medicina Preventiva e in Microbiologia e Virologia
Sara Caucci - Biologo Dottorato di ricerca in Scienze Biomediche e specializzanda in Microbiologia e Virologia. Università Politecnica delle Marche, Ancona
Angela Genicco - Biologa specializzata in Patologia Clinica e Biochimica Clinica

 

Ultima Revisione: 19.10.2023

Cos’è il virus dell’HIV?

Il virus HIV. Fonte immagine: il Superuovo.it
Il virus HIV. Fonte immagine: il Superuovo.it

È ormai accertato che il virus HIV (Human Immunodeficiency Virus) deriva da mutazioni di vari ceppi del SIV (Simian Immunodeficiency Virus), passato all’uomo con un salto di specie avvenuto all’inizio del 1900 in alcune regioni dell'Africa occidentale sub-sahariana. La trasmissione dalla scimmia all’uomo avvenne attraverso il contatto tra liquidi biologici (caccia, morso, macellazione, ecc). Il primo caso di sieropositività accertato risale al 1959, su un campione di sangue di un uomo di Leopoldville (oggi Kinshasa) che, analizzato trent'anni dopo, dimostrò di contenere anticorpi anti HIV-1. Il primo genoma dell’HIV-1 gruppo M è stato rilevato mediante metodi di biologia molecolare nel 2020 da una campione bioptico prelevato nel 1966 e conservato in paraffina a Kinshasa (1). Il virus si è poi diffuso dal Congo ad Haiti e successivamente in USA, con segnalazione dei primi casi di AIDS all’inizio del 1981 tra persone omosessuali e nel 1982 tra persone che assumevano droghe per via iniettiva. Successivamente sono stati segnalati casi anche in soggetti emofilici politrasfusi e in bambini nati da madre affetta da AIDS. Per maggiori informazioni circa la diffusione del virus nella popolazione umana consultare la Figura “Il percorso del virus” nella sezione Immagini Correlate.

Cominciò a diffondersi l’ipotesi che la patologia avesse un’origine virale e nel mese di agosto 1982, venne proposto per la prima volta il termine “sindrome da immuno-deficienza acquisita” (AIDS). L’espressione sta ad indicare che si tratta di una malattia non ereditaria, che viene acquisita e che comporta una deficienza del sistema immunitario, che si presenta sotto forma di diverse manifestazioni patologiche.
Nel 1983 si realizzò la scoperta del virus, con un’aspra disputa fra Luc Montagnier (Francia) e Robert Gallo (USA), che si concluse solo nel 1987, con la firma dell’accordo passato alla storia come la “pace dell’Aids”, in cui Chirac e Reagan (allora presidenti di Francia e USA) si accordarono sul fatto che i due ricercatori avrebbero entrambi ottenuto il titolo di “scopritore dell’Aids". In seguito, nel 1990, si dimostrò che il virus di Gallo in realtà proveniva dai laboratori francesi e la scoperta venne assegnata a Montagnier ed in particolare alla ricercatrice Françoise Barré-Sinoussi, che ottenne il Nobel per la medicina nel 2008.

Nel 1986 si tenne a Parigi la seconda conferenza mondiale sull’HIV e l'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) fornì una stima di 5-10 milioni di sieropositivi. Venne quindi concordato che si dovessero dare informazioni legate al sesso ed effettuare campagne d'informazione per arginare il contagio. I problemi sociali ed economici legati alla droga, la difficile emancipazione degli omosessuali cominciata proprio in quegli anni, l'imbarazzo legato ai temi sessuali, furono all'origine di atti di discriminazione e sottostima dei rischi. Emblematico è il caso dell'Italia, il cui Ministro della Sanità, Carlo Donat-Cattin, ritardò l’avvio dei controlli sulle sacche di sangue e le campagne di informazione pubbliche sull'epidemia (nel 1988, ben tre anni dopo altri paesi europei) vietando di citare l'uso del profilattico come metodo di prevenzione per evitare di "spiegarne l'uso nelle scuole". La trasmissione trasfusionale in Italia è stata poi evitata dall’introduzione obbligatoria dello screening sierologico dei donatori e molecolare (NAT= Nucleic Acid Test) delle donazioni per HIV, HBV, HCV, sifilide (introdotto in Italia nel 2015), che ha portato il rischio residuo di trasmissione dell’infezione a zero casi.

Dalla seconda metà degli anni Ottanta esplose il contagio per via parenterale tra persone che assumevano droghe per via iniettiva nell'Europa centromeridionale e di nuovo in USA, Thailandia, India e in molte altre regioni asiatiche e africane, raggiungendo una diffusione da pandemia mondiale.

Come mai 40 anni di studi scientifici non sono riusciti ad azzerare le infezioni da HIV?

I risultati della mancanza di comunicazione e di informazione scientifica furono nei primi anni Ottanta disastrosi e causa di gravissimo stigma, che continua ad essere presente dopo più di 40 anni. Limitare le categorie a rischio a maschi che fanno sesso con maschi (MSM) e a soggetti che usano droghe iniettabili ha indotto molte persone a ritenersi escluse dalla possibilità del contagio, quando invece i dati dimostravano che si trattava di comportamenti comuni a tutti, il primo fra i quali era fare sesso senza protezioni. Ancora oggi le persone continuano a non sottoporsi ai test diagnostici e l’infezione continua a circolare. Si stima che dal 1980 al 2021 nel mondo ci siano state 77,5 milioni di infezioni e 40,1 milioni di morti per malattie collegate all’AIDS.
Molte evidenze recenti indicano che la mancata percezione del rischio è un fattore molto importante, sia riguardo alle modalità di trasmissione del virus (sessuale, ematica, verticale), sia riguardo all’opportunità dell’uso del condom in qualsiasi tipo di rapporto sessuale, sia riguardo alla possibilità di terapie efficaci, sia preventive che curative. Ciò comporta che ancora oggi molte diagnosi di infezione sono tardive, cioè effettuate quando la situazione immunitaria è già compromessa (linfociti CD4 <200/mm3) oppure sono già comparse patologie indicative di AIDS (infezioni opportunistiche maggiori, tumori).
Un esempio su quanto ancora ci sia da fare per combattere lo stigma e le scarse conoscenze sull’HIV deriva da molti studi, fra cui il sondaggio “Sex of Our Nations”, realizzato all’interno della campagna “Tackle HIV” guidata dalla star del rugby gallese Gareth Thomas, e consultabile alle Figure relative alla “campagna Tackle HIV” nella sezione Immagini Correlate.

Come si controlla e si evita la trasmissione (prevenzione primaria)?

Qualsiasi tipo di rapporto sessuale (vaginale, anale, orale) non protetto sia di tipo eterosessuale che omosessuale, può essere causa di trasmissione dell’infezione, che avviene attraverso il contatto tra liquidi biologici infetti (secrezioni vaginali, liquido pre-eiaculatorio, sperma, liquido prostatico, sangue mestruale) e mucose lese dal rapporto stesso o a causa di Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST). La trasmissione è possibile anche se le mucose sono apparentemente integre. È opportuno sottolineare che i rapporti sessuali non protetti possono veicolare non solo l’HIV, ma anche oltre 30 tipi di IST, tra cui sifilide, herpes genitale, condilomi, clamidia, ecc ed altre infezioni trasmissibili, come epatite A, B, C (test delle epatiti).
Al di fuori del corpo umano il virus sopravvive solo pochi minuti, perché è estremamente labile e viene inattivato dall’essiccamento provocato dai raggi solari e dai comuni disinfettanti, come ad esempio la varechina. La trasmissione attraverso lo scambio di siringhe infette si realizza solo se avviene entro pochi minuti.

I soggetti infetti asintomatici, che non conoscono il proprio stato, sono inconsapevolmente infettanti perché eliminano il virus in alta concentrazione attraverso il sangue e i liquidi genitali infetti, a meno che non siano in terapia anti retrovirale (ART).

In Italia è stato valutato che il 20-30% delle infezioni sia ancora non diagnosticato.
La diagnosi precoce è quindi importantissima per ridurre la circolazione del virus, perché il trattamento ART ininterrotto negativizza entro 6 mesi la carica virale in circolo, evitando trasmissione dell’infezione ai partner, anche senza uso di preservativo, secondo il principio Undetectable=Untrasmittable (non rilevabile=non trasmissibile), più noto come U = U (2-3). Inoltre la terapia, azzerando la carica virale, permette alle donne in gravidanza di non trasmettere il virus al neonato durante la gestazione, al momento del parto e attraverso l’allattamento. La trasmissione dell’HIV dalla madre al bambino si verificava, in assenza di interventi, nel 20-40% dei casi, con una variabilità determinata soprattutto dalla presenza o meno di allattamento materno. La terapia ART ha permesso di ridurre questa trasmissione a meno del 7-8%, anche nei paesi a basso reddito, come l’Africa sub-sahariana e a zero casi in Italia.
L’infezione acuta, dopo 1-3 settimane dal contagio, dà sintomi solo nel 50-70% dei casi, spesso misconosciuti perché simili all’influenza o alla mononucleosi (febbre, mal di gola, astenia, rigonfiamento dei linfonodi, manifestazioni cutanee maculo papulari, ecc). Nel resto dei casi può essere asintomatica e mantenersi tale per molti anni. Di fatto, anche oggi viene diagnosticata tardivamente, senza poter iniziare in tempi ottimali la ART, riducendo la probabilità di un completo recupero immunitario ed aumentando la possibilità di sviluppo di resistenze ai farmaci e di evoluzione verso AIDS. Inoltre è stato ripetutamente dimostrato che le persone che conoscono il loro stato di positività per HIV riducono, in parte o completamente, i comportamenti a rischio di trasmissione. Ogni tipo di prevenzione è quindi efficace per migliorare sia la qualità della vita che per ridurre la circolazione del virus (si veda la sezione dedicata alla terapia).
Si evita la trasmissione e si riduce lo stigma anche utilizzando il linguaggio “Human first”, positivo ed inclusivo, diffuso negli ultimi anni, che adotta un approccio di pensiero che mette al centro la persona, con le sue problematiche e le sue risorse, invece della malattia. Tiene conto dell’insieme delle sue componenti spirituali, materiali, razionali, emozionali e della capacità di generare legami comunitari. Dovrebbe essere utilizzato per tutte le persone che vivono una condizione di patologia invalidante. Ad esempio è meglio usare l’espressione “persone che vivono con HIV (PLHIV)” piuttosto che “HIV positivo”.

L’importanza di un linguaggio “Human first” in HIV è ribadito da diverse Organizzazioni internazionali. UNAIDS ha pubblicato una guida alla terminologia da usare in HIV nel 2015 (4). e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) nel 2019 (5), si è riferita alla salute sessuale e riproduttiva nelle donne con HIV, che vengono rese più vulnerabili dalla disuguaglianza di genere. Per tali donne interventi di salute sessuale e riproduttiva basati sui principi di uguaglianza di genere e di diritti umani possono avere un impatto positivo sulla qualità della vita, migliorando a lungo termine lo stato di salute. La trasmissione per via sessuale è nel mondo la modalità di trasmissione più diffusa. consultabile alle Figure relative alla “campagna Tackle HIV” nella sezione Immagini Correlate.

Possibili Terapie e Prevenzione

Tutte le linee-guida internazionali raccomandano fin dal 2016 l’inizio immediato della terapia dopo la diagnosi di infezione, indipendentemente dal valore dei CD4, secondo la strategia “trattare tutti”, lanciata da WHO alla fine del 2015, sulla base di revisioni sistematiche, trial clinici e studi osservazionali (6), incluse le donne in gravidanza, i bambini e i giovani. Questa strategia comporta enormi benefici per la salute della persona con HIV, per il benessere sessuale, per la riduzione dello stigma e per tutta la società.
Le attuali strategie terapeutiche non permettono la guarigione, ma possono tenere l’infezione sotto controllo, mantenendo in vita i linfociti T, recuperando la funzionalità immunitaria, bloccando la replicazione del virus con successo, rendendo la carica virale (HIV RNA) non rilevabile e l’aspettativa di vita molto vicina a quella di una persona sana (test HIV-carica virale). 
A causa della forte tendenza alla mutazione dell’HIV, è stato necessario non soltanto trovare farmaci sempre nuovi, che agissero su diversi enzimi virali, ma anche somministrare contemporaneamente più farmaci antiretrovirali, usando la cosiddetta terapia antiretrovirale combinata (ART), introdotta nei protocolli terapeutici nel 1996, che prevedeva l’assunzione di numerose compresse al giorno a intervalli regolari e comportava difficoltà ed effetti collaterali. Per maggiori informazioni consultare la Figura “La terapia ART: prevenzione e attesa di vita” nella sezione Immagini Correlate.
Nel 2006 venne realizzata la combinazione a dose fissa di tre farmaci in un’unica compressa a singola somministrazione giornaliera, con lo scopo di ridurre al minimo l'insorgenza di ceppi virali resistenti ai farmaci. 
Alla fine del 2019 sono stati inoltre approvati, da parte dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), farmaci iniettabili intramuscolo a lunga durata (Long Acting), che con una sola dose mantengono la carica virale non determinabile nel sangue per circa 2 mesi. Studi clinici del 2015-2017 avevano dimostrato che tale associazione è efficace, ben tollerata e preferita dai pazienti rispetto all’assunzione giornaliera con le terapie standard. Può essere utilizzata solo in soggetti con carica virale soppressa.
Tutti i farmaci attualmente impiegati sono molto più sicuri rispetto a quelli utilizzati anni fa ed hanno meno effetti collaterali (nausea, diarrea, anemia, miopatia). 
La mancanza di aderenza alla terapia è uno dei fattori di rischio per l’aumento della carica virale, l’insorgenza di resistenze e lo sviluppo dell’AIDS.

Che cosa si intende per TasP (terapia come prevenzione) e U=U?
Purtroppo ancora oggi molte persone nella popolazione generale non conoscono il concetto di prevenzione fondamentale, già citato: virus non determinabile=non trasmissibile e noto come U = U (2-3), che si può realizzare se il soggetto infetto viene immediatamente sottoposto a terapia ART, che permette di ottenere una carica virale non determinabile entro 6 mesi ed evita la trasmissione al partner. La diffusione di questa evidenza (dimostrata da numerosi studi) alla popolazione da parte della comunità scientifica attraverso i principali canali di comunicazione permetterebbe di migliorare l’informazione sulle modalità di trasmissione e sulle modalità di prevenzione dell’infezione offerte anche dalla PrEP (Pre-Exposure Prophylaxis) e dalla PEP (Post-Exposure Prophylaxis). Permetterebbe inoltre di ridurre lo stigma, inducendo un numero sempre maggiore di persone ad effettuare i test e conoscere il proprio status sierologico in modo da essere tempestivamente avviate al trattamento e a ridurre anche l’auto-stigma, contribuendo alla facilitazione della cosiddetta “confessione” delle persone con HIV, riducendone l’isolamento sociale. Conoscere i benefici della terapia per prevenire la trasmissione dell’infezione porta alla motivazione ad assumerla e all’aderenza, sia per il proprio benessere che per quello del partner.
Uno studio del 2011 (HPTN 052) ha dimostrato che l’assunzione precoce della ART da parte delle persone sieropositive riduceva del 96% i contagi in coppie prevalentemente eterosessuali. Lo studio Opposites Attract del 2017 è uno studio prospettico condotto su coppie maschili sierodiscordanti, in cui il partner con HIV era in ART con carica virale non rilevabile. Lo studio ha osservato zero trasmissioni filogeneticamente (=dallo stesso partner) correlate nelle coppie che hanno avuto rapporti sessuali senza l’uso del condom e che non erano in PrEP (https://www.thelancet.com/journals/lanhiv/article/PIIS2352-3018(18)30132-2/fulltext).

Studi paralleli e successivi, tra cui gli studi Partner I  e Partner II, effettuati nel periodo 2010- 2018, su 17.000 atti sessuali non protetti in MSM, hanno dimostrato che, dopo un periodo di almeno sei mesi dall’inizio della terapia e in presenza di una documentata soppressione della carica virale in circolo (HIV-RNA plasmatico inferiore a 200 copie/mL) hanno ottenuto gli stessi risultati.

Le Linee Guida Italiane per la ART e gestione diagnostico-clinica di HIV del 2017, considerano la mancanza di trasmissione alla soglia di soppressione della carica inferiore a 50 copie/mL, mediante le metodiche molecolari in uso (NAT =nucleic acid testing o RT-PCR). 
Questo concetto, secondo cui la terapia usata per trattare l’infezione da HIV evita anche la trasmissione sessuale, va anche sotto il nome di “Terapia come prevenzione” (Treatment as Prevention – TasP). Dal punto di vista delle persone con HIV, la TasP permette di ridurre di molto l’angoscia all’interno di coppie stabili discordanti, permette la fecondazione della donna ed evita di sentirsi una bomba biologica in caso di rapporti sessuali con partner multipli.
Questi risultati sono stati presentati alla Conferenza Internazionale AIDS di Amsterdam del 2018 (2) e in Italia nella Conferenza di Consenso UequalsU del 12/11/2019 (3). Tuttavia continua ad esistere una diffusa scarsa conoscenza, mancanza di consapevolezza e incredulità riguardo alla conclusione basata sull’evidenza secondo cui le persone la cui carica virale è soppressa durevolmente non trasmettono sessualmente l’HIV. Molti soggetti con carica virale non rilevabile si sono astenuti inutilmente dal sesso senza preservativo, hanno evitato il partner sierodifferente e hanno sperimentato ansia per la possibilità di trasmissione sessuale di HIV che oggi sappiamo essere inesistente (6). E’ stato dimostrato che alcuni professionisti sanitari si sono astenuti dal correggere questa disinformazione a causa del timore che il soggetto con HIV potesse praticare più sesso senza condom o avere più partner sessuali dopo aver appreso di U=U. Tuttavia, nascondere tali informazioni viola l’etica medica, il benessere, la salute sessuale e i diritti umani dei soggetti con HIV. Gli operatori sanitari e la comunità hanno la responsabilità di affrontare attivamente la disinformazione sulla trasmissione dell’HIV e di diffondere il messaggio U=U a tutte le persone (7). 
Senza ART, i valori di carica virale non sono soppressi e tendono a raggiungere valori elevati: da 30.000 a maggiore di 500 000 copie/mL, e sono associati ad alti tassi di trasmissione e progressione dell’infezione verso l’AIDS.
Nel luglio 2023, WHO in occasione della XII Conferenza International AIDS Society (IAS), svoltasi a Brisbane, ha presentato il documento “Il ruolo della soppressione virale per migliorare la salute individuale e ridurre la trasmissione da HIV” (8) , che fa chiarezza sull’importanza di testare la carica virale. Vengono considerate 3 categorie di carica virale: non rilevabile (<200 copie/mL), soppressa (<1000 copie/mL), rilevabile (>1000 copie/mL). 
In occidente, la soglia di non rilevabilità è generalmente collocata al di sotto delle 200 copie/mL. Sulla base di studi e analisi osservazionali provenienti da tutto il mondo, tra cui una revisione sistematica condotta nel 2023 (9) su coppie discordanti, WHO considera che anche soggetti con viremia soppressa (carica inferiore a 1000 copie/mL) hanno un rischio di trasmissione quasi zero o comunque irrilevante. Tale nuova categoria "viremia soppressa" può essere considerata il “semaforo giallo” di un possibile problema futuro, per prevenire il quale WHO raccomanda un counseling intensificato sull'aderenza terapeutica e la ripetizione del test della carica virale dopo tre mesi. Se il risultato dovesse essere ancora "soppressa ma rilevabile", sarà opportuno valutare se apportare modifiche al regime terapeutico, per evitare lo sviluppo di una resistenza di basso livello oppure un imminente fallimento del trattamento. 
WHO raccomanda ai medici, a tutto il personale sanitario ed alle ODV che si prendono cura di persone con HIV di informare i soggetti con HIV sui benefici della ART assunta costantemente e di enfatizzare il raggiungimento della soppressione e della non rilevabilità. 
WHO raccomanda inoltre ai responsabili politici di migliorare e garantire un accesso diffuso ai test che rilevano la carica virale (anche POCT o su sangue secco con limite di determinazione 300-900 copie/mL), che possono rappresentare una forte motivazione a mantenere l’aderenza al trattamento. In Italia, grazie al supporto di SIMIT e ICAR, dieci associazioni impegnate nella risposta all’HIV, lanceranno il 18 settembre 2023 la campagna informativa “U=U” impossibile sbagliare”, centrata sui vantaggi della soppressione virologica, che migliora la salute, previene l’infezione e agisce contro lo stigma che ancora grava sulle persone con HIV (https://www.impossibilesbagliare.it/ ). 

Che cosa si intende per PrEP (profilassi pre-esposizione)?
Si tratta di una terapia orale a base di tenofovir/emtricitabina che è stata autorizzata al rimborso da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), accogliendo la proposta avanzata dal Comitato Tecnico Scientifico (CTS) del Ministero della Salute, decisione che allinea l’Italia ad altri Paesi europei e che permetterà nei prossimi anni di ottenere grandi progressi nel ridurre la diffusione del virus, contemporaneamente realizzando anche risparmi per il SSN. Il costo della PrEP, associato al costo dei controlli ematici e clinici necessari, ha infatti sempre rappresentato un’importante barriera per l’avvio e l’aderenza al trattamento. Da maggio 2023, l’autorizzazione al rimborso è stata confermata nella Gazzetta Ufficiale del 18/5/2023 (10) ed è soggetta a prescrizione medica limitativa, da rinnovare volta per volta, vendibile (e rimborsabile) al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti infettivologi. L’indicazione autorizzata è “farmaco indicato in combinazione con pratiche sessuali sicure per la profilassi pre-esposizione al fine di ridurre il rischio di infezione da HIV-1 sessualmente trasmessa in adulti e adolescenti ad alto rischio” 
Può essere iniziata solo se il test HIV è negativo. Le principali caratteristiche del programma di presa in carico e monitoraggio sono: visita clinica, counselling, test HIV ogni 3-4 mesi, marcatori di epatite A, B, C, suggerendo la vaccinazione per epatite A e Papillomavirus; determinazione della creatinina sierica, ecc. In pratica si tratta di una sorta di “preservativo farmacologico”, che crea una barriera virtuale alla diffusione del virus, però protegge solo dall’infezione da HIV e non da altre IST. 
Nei Paesi europei dove la PrEP è gratuita si è osservato un calo notevole delle nuove infezioni da HIV.
Recenti studi in proposito sono stati presentati alla 15° edizione del Congresso ICAR (Italian Conference on AIDS and Antiviral Research), tenutosi a Bari il 14-16 giugno 2023, organizzato sotto l’egida della Società Italiana di Malattie Infettive (SIMIT), di tutte le maggiori società scientifiche di area infettivologica e virologica e del mondo della Community. 
Questo tipo di prevenzione è ancora poco nota in Italia e presenta barriere alla sua diffusione sia da parte degli utilizzatori che da parte degli operatori che dovrebbero proporla, anche mediante un counselling facilitato (eventualmente online su prenotazione), che consigli l’aderenza, l’uso del condom per prevenire altre IST, i controlli ematici necessari (10). La PrEP permetterà di evitare l’infezione nelle popolazioni a maggior rischio di esposizione al virus: MSM, transgender, sex workers, persone che assumono droghe per via iniettiva. 
Si può assumere in modalità continuativa, con una pillola al giorno 7 giorni prima dell’esposizione a rischio, continuando per 4 settimane dopo l’ultima esposizione a rischio, oppure al bisogno: una compressa al giorno 2-24 ore prima del rapporto, seguita da un’altra compressa dopo 24 ore e un’altra dopo altre 24 ore, in previsione di un rischio di natura sessuale, rappresentato da sesso con partner HIV positivo non ancora in terapia, con carica virale non soppressa o il cui valore non sia noto; altra IST in atto; assunzione di PEP nei precedenti 6 mesi. 
La PrEP non dà significativi effetti collaterali in persone che l’hanno assunta per più di 5 anni. Solo alcune persone accusano nausea, diarrea, cefalea, astenia, che generalmente scompaiono dopo 2 settimane di assunzione.  

Che cosa si intende per PEP (profilassi post-esposizione)?
La PEP è un trattamento con farmaci antiretrovirali, intrapreso immediatamente dopo l’esposizione al virus dell'HIV, sia in ambito lavorativo che sessuale. 
Viene utilizzata per gli operatori sanitari (chirurghi, personale di laboratorio, odontoiatri, infermieri) che hanno avuto un incidente biologico da puntura o da taglio, contaminazione delle mucose, manipolazione in Laboratorio di campioni infetti o di virus concentrato, ecc. La PEP può essere assunta anche dopo un rapporto sessuale senza protezione con soggetto HIV positivo. Tale profilassi deve essere iniziata al più presto (idealmente entro 4 ore e non oltre le 72 ore dal rischio) ed ha la durata di 4 settimane, durante le quali sono previsti dei controlli per verificarne la tollerabilità. La PEP non è mai raccomandata in caso di paziente fonte con carica virale stabilmente inferiore alle 200 copie/mL negli ultimi mesi. È necessario rivolgersi ad una struttura ospedaliera specializzata o recarsi direttamente ad un Pronto Soccorso, per valutare con un medico l’opportunità della profilassi, tenendo conto del fatto che il rischio di trasmissione in seguito ad una singola esposizione è comunque basso. Nel caso in cui il livello di HIV-RNA del soggetto fonte non sia noto, si consiglia di iniziare la PEP in attesa del risultato. Poiché l’assunzione della PEP presenta effetti collaterali è necessario discutere con il medico riguardo alla reale necessità di sottoporsi a PEP nelle seguenti condizioni, in cui non c’è certezza di esposizione:
• Il soggetto ritiene di essere stato esposto al virus per via sessuale (ad es. preservativo rotto)
• Il soggetto ritiene di essere stato esposto al virus attraverso la condivisione di aghi o altri strumenti per l'iniezione di droghe
• Il soggetto è stato vittima di violenza sessuale

La seguente tabella riassume le Terapie precedentemente descritte:

tabella terapie

Obiettivi globali nel mondo

Fin dal 2014 UNAIDS (12) aveva proposto come target globali per il 2020 i cosiddetti tre 90: il 90% delle persone infettate da HIV dovrebbe conoscere il proprio stato (erano l’84% a fine 2020), il 90% di questi dovrebbe essere in ART (erano il 73%), il 90% di tutte le persone in ART dovrebbero avere carica virale soppressa (erano il 66%), che.

Per quanto fossero considerati dai più solo una ambiziosa fantasia, questi target nel 2016 furono adottati dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite come obiettivo globale per il 2020. A causa della pandemia da COVID19, i dati ottenuti alla fine del 2020 hanno mostrato un netto contrasto tra i grandi successi riportati in alcune aree del mondo, che hanno raggiunto e superato tali obiettivi, e i fallimenti registrati in molte altre aree. Nel complesso però si deve segnalare che nel 2020 il numero di persone nel mondo in trattamento con farmaci antiretrovirali era di 27,5 milioni, più che triplicato dal 2010 e le morti evitate grazie ai trattamenti erano diminuite del 43%.

La strategia “End inequalities. End Aids 2021-2026” (13, 14), che intende integrare gli approcci e gli insegnamenti chiave tratti dalle pandemie HIV e COVID-19 che si sono intersecate, è stata lanciata da UNAIDS nel dicembre 2020 adottata all'unanimità dagli Stati membri nel giugno 2021, con lo scopo di ridurre le disuguaglianze che caratterizzano l'epidemia di AIDS. Fondamentale è il ruolo guida assegnato alle Organizzazioni di Volontariato (ODV) e alle community, che sottolinea come le forti disuguaglianze messe in luce da HIV e COVID-19 siano un campanello d'allarme per il mondo, affinché sia data priorità e si investa per realizzare il diritto umano alla salute per tutti senza discriminazioni, unendo i Paesi, le comunità e i partner verso azioni prioritarie con l’obiettivo di accelerare i progressi verso il raggiungimento di zero nuove infezioni, zero discriminazioni e zero morti per AIDS nel 2030, con una prevenzione primaria rivolta soprattutto alle popolazioni chiave, offrendo anche la PreP e la PEP.

Gli obiettivi per il 2025 sono i tre 95 che sostituiscono i tre 90 per numero di test, terapia, e carica virale soppressa. Ad essi si aggiungono altri obiettivi: il 95% delle gravide e delle donne che allattano accede a servizi che evitano la trasmissione al feto/neonato, il 95% dei bambini esposti ad HIV vengono sottoposti a test, il 90% delle persone che vivono con HIV o appartengono a categorie ad alto rischio hanno accesso a servizi sanitari di prevenzione combinata (altre IST, violenza sessuale e di genere, salute mentale, ecc); l’80% dei servizi di prevenzione per le popolazioni chiave sarà fornito dalle community.

Nella Figura sottostante sono rappresentati i progressi ottimali relativi all’anno 2022, secondo le stime UNAIDS/WHO, per raggiungere l’obiettivo 95-95-95, e quanto mancherebbe per raggiungere l’obiettivo dei tre 95 entro il 2030:

app-virus-hiv-3.jpg

La Figura successiva mostra invece gli effettivi traguardi raggiunti alla fine dell’anno 2022, e quanto manca per raggiungere l’obiettivo 95-95-95:

app-virus-hiv-4.jpg

L'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile 2023 (15), adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite prevede all’obiettivo 3.3 “Salute e benessere per tutti” la lotta alle malattie trasmissibili più diffuse e gravi: AIDS, epatite C, epatite B, tubercolosi e malaria
Lo slogan "Equalize" della Giornata mondiale AIDS del 1° dicembre 2022 (https://www.onuitalia.it/equalize-giornata-mondiale-contro-laids-2022) è un invito all'azione ed a proseguire le iniziative necessarie per affrontare le disuguaglianze e porre fine all'AIDS. Queste azioni sono:

  • Aumentare la disponibilità, la qualità e l'adeguatezza dei servizi per il trattamento, i test e la prevenzione dell'HIV.
  • Riformare le leggi, le politiche e le pratiche per affrontare lo stigma e l'esclusione subiti dalle persone che vivono con l'HIV e dalle popolazioni chiave ed emarginate.
  • Garantire la condivisione della tecnologia per consentire pari accesso sia alle tecnologie che ai trattamenti per l'HIV, tra le comunità e tra il Sud e il Nord del mondo.

Dati Epidemiologici

I dati epidemiologici nel mondo più recenti
Il rapporto UNAIDS 2022 (16) evidenzia che negli ultimi due anni e mezzo, la pandemia COVID-19 ha avuto, a livello globale, insieme alle crisi economiche e umanitarie, un impatto devastante sui servizi di sanità pubblica e aumentato le disuguaglianze negli accessi alle cure ed alla prevenzione. In tutto il mondo sono state diagnosticate e trattate meno persone e più tardivamente. I progressi globali contro l'HIV stanno rallentando anziché accelerare, come previsto dagli obiettivi per il 2030. Nel 2021 le nuove infezioni da HIV sono diminuite a livello globale solo del 3,6% rispetto al 2020, rappresentando la riduzione annuale più bassa dal 2016.
La regione africana WHO è stata la più colpita, con 25,6 milioni di persone affette da HIV nel 2021 e un impatto di quasi il 60% delle nuove infezioni da HIV a livello globale.
L'Europa orientale, l'Asia centrale, il Medio Oriente, il Nord Africa e l'America Latina hanno registrato un aumento delle infezioni annuali da HIV nell'ultimo decennio. In Asia e nel Pacifico, i dati del 2021 hanno mostrato che le nuove infezioni da HIV stanno aumentando, mentre erano diminuite negli ultimi 10 anni.
È stato stimato da UNAIDS e WHO (17) che alla fine del 2022 la situazione globale era lievemente migliorata: 39 milioni di persone vivevano con HIV, due terzi dei quali nella regione Africana; 29.8 milioni di queste persone erano in ART, i decessi per cause correlate all’HIV sono stati 630.000 e si sono realizzate 1.3 milioni di nuove infezioni. Rispetto al 2010 le persone che vivono con HIV sono aumentate del 24% e le morti correlate ad HIV si sono ridotte del 51% grazie alle nuove terapie; le nuove infezioni si sono ridotte del 38%. Il miglioramento però non è stato uniforme: i successi più importanti si sono osservati in alcune regioni dell’Africa centrale e sud-sahariana, mentre le morti e le nuove infezioni sono aumentate nel sud-est asiatico, nel Nord Africa, nella regione mediterranea orientale (38% conoscevano il loro stato, il 27% era in ART, il 24% aveva carica virale soppressa) e nella regione WHO europea (il 72% delle persone con HIV conosceva il proprio stato, il 63% era in terapia, il 60% aveva carica virale soppressa). Per raggiungere l’obiettivo 3.3 dell’Agenda per lo Sviluppo sostenibile che intende porre fine all’epidemia di AIDS nel 2030, nel 2025 i tre 95 dovrebbero essere globalmente: 86% delle persone in HIV che conoscono il loro stato, di cui 89% in terapia, di cui 93% con carica virale soppressa (diapo 7). Alla fine del 2022 però le stime davano che l’86% conosceva il proprio stato con un gap per raggiungere il primo 95 di 3.5 milioni di persone, il 76% era in ART con un gap per raggiungere il secondo 95 di 5.3 milioni, il 71% aveva carica virale soppressa con un gap per raggiungere il terzo 95 di 5.8 milioni (diapo 8).
Nonostante il miglioramento nell’Africa sub-sahariana il 46% di tutte le nuove infezioni nel 2022 si è realizzata fra donne e ragazze (tutte le età). Ogni settimana, 4.000 adolescenti ragazze e giovani donne di età 15-24 anni si sono infettate globalmente, ma 3.100 di queste infezioni si sono realizzate in Africa sub-sahariana. In tutte le altre aree geografiche più del 70% delle nuove infezioni si è realizzato fra uomini e ragazzi.
Nel complesso questi dati confermano che è necessario continuare sulla prevenzione e sul trattamento dell’infezione.
I dati sinora riportati sono riassunti nelle Figure sottostanti

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I dati epidemiologici in Europa 

Gli ultimi dati di sorveglianza HIV/AIDS forniti dall’ECDC (Centro Europeo per il controllo delle Malattie) e dalla Regione Europea WHO sono riferiti al 2021, anno in cui la pandemia COVID-19 ha colpito pesantemente l'Europa a partire da marzo 2020. Nonostante i problemi di mancata diagnosi e sotto-notifica, sono state riportate, in 46 dei 53 Stati membri, 106.508 nuove diagnosi di infezioni da HIV (con un lieve aumento rispetto al 2020), di cui 16.624 da paesi dell'Unione Europea, corrispondenti ad una incidenza di 12.0 nuove diagnosi per 100.000 persone. Il trend dell'ultimo decennio continua, con incidenze e numero complessivo di persone con diagnosi di HIV più alti nella parte orientale della Regione (32,4 per 100.000 abitanti), più bassi in Occidente e in EU/EEA (4,3 e 3,9 per 100.000, rispettivamente) e ancora più bassi nel Centro Europa (3,1 per 100.000). La principale modalità di trasmissione varia in base all'area geografica: la trasmissione sessuale tra MSM è stata la modalità più comune in Occidente e nell'EU/EEA, mentre la trasmissione eterosessuale e l'uso di droghe per via iniettiva sono state le principali modalità di trasmissione segnalate nell'est della Regione.
La diagnosi tardiva (CD4 inferiore a 350/mm3) rimane un problema per la maggior parte dei Paesi, ma è più alta in soggetti che riportano una trasmissione eterosessuale (59%) e più bassa in MSM (45%).
Nel suo insieme la Regione Europea WHO ha segnalato un 24% di diagnosi in meno nel 2021 rispetto al 2019.

I dati epidemiologici in Italia 2021

I dati sulle nuove diagnosi di infezione da HIV e dei casi di Aids in Italia al 31 dicembre 2021 sono pubblicati sul Notiziario Istisan volume 35, n. 11 novembre 2022, redatto dal Centro Operativo Aids (COA) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), con il contributo di alcuni componenti del CTS del Ministero della Salute e i referenti della Direzione Generale della Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute.
• Nel 2020 e nel 2021 la sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da HIV ha risentito dell’epidemia da COVID-19 che ha comportato una sottodiagnosi e/o una sottonotifica dei casi, con aumento delle diagnosi tardive, ritardi negli accessi ai servizi sanitari, riduzione dei soggetti in terapia e/o interruzione della stessa. 
• Nel 2021 si stima siano circa 120.000 le persone che vivono in Italia con HIV: di queste circa 100.000 sono state diagnosticate (83%) ma le rimanenti 20.000 (17%) sono ancora ‘sommerso’, in quanto non hanno ancora effettuato il test, e sono quindi a rischio di trasmissione ad altri, diagnosi tardiva e aggravamento dell’infezione 
• Sono state 1.770 le nuove diagnosi di infezione da HIV pari a un’incidenza di 3 nuove diagnosi ogni 100.000 residenti, al di sotto della media stimata nei Paesi dell’Unione Europea (4,3 casi per 100.000 residenti). Nel 2020 erano state 1303. Dal 2012 si era osservata una costante diminuzione delle nuove diagnosi HIV, più evidente dal 2018, con un declino ulteriore, a causa del COVID-19, negli ultimi due anni e che interessa tutte le modalità di trasmissione. 
• L’incidenza più elevata di nuove diagnosi HIV si riscontra nella fascia di età 30-39 anni (7,3 nuovi casi ogni 100.000 residenti) e a seguire nella fascia 25-29 anni (6,6 nuovi casi ogni 100.000 residenti). In queste fasce di età l’incidenza nei maschi è 3-4 volte superiore a quelle nelle femmine. 
• In generale, i maschi rappresentano il 79,5% dei nuovi casi. L’età mediana è 42 anni per gli uomini e 41 per le donne.
• La maggior parte delle nuove diagnosi di infezione da HIV (83,5%) è attribuibile a rapporti sessuali non protetti: in particolare, i MSM costituivano il 39,5%, il 44% erano eterosessuali, di cui maschi 27,2% e femmine 16,8%. 
• È particolarmente preoccupante il dato che il 63,2% delle nuove diagnosi è tardiva (soggetti con CD4 <350 cell/µL), dato in netto aumento e più alto rispetto a quello dell’Europa (55,5%). 
• La proporzione di pazienti con una diagnosi di sieropositività vicina (meno di 6 mesi) alla diagnosi di AIDS è in costante aumento, ed è passata dal 47,8% nel 2001 all'83,0% nel 2021 e le fasce di età più colpite sono 30-39 e 40-49 anni, con un rischio elevato di rapida progressione 
• Nel 2021, quasi il 40% delle persone con nuova diagnosi HIV ha eseguito il test per sospetta patologia HIV correlata o presenza di sintomi HIV. Altri principali motivi di esecuzione del test sono stati: rapporti sessuali senza preservativo (16,6%), comportamenti a rischio non specificato (9,4%), accertamenti per altra patologia (6,9%) e iniziative di screening/campagne informative (6,2%). Ciò evidenzia che la percezione riguardo alle modalità di circolazione dell’HIV è molto bassa nella popolazione generale e in particolare tra i giovani.
• Sono stati 382 i nuovi casi di Aids diagnosticati, il 76% dei quali non aveva ricevuto terapia ART, pari a un’incidenza di 0,6 per 100.000 residenti. Dal 1982, anno della prima diagnosi di Aids in Italia, al 31 dicembre 2021 sono stati notificati al COA 72.034 casi di Aids. Di questi, 55.537 (77,1%) sono maschi, 814 (1,1%) in età pediatrica (<13 anni) o con infezione trasmessa da madre a figlio e 8.229 (11,4%) stranieri o di nazionalità ignota. L’età mediana alla diagnosi di Aids, calcolata solo tra gli adulti (≥13 anni), è di 36 anni (min: 13; max: 88 anni) per i maschi e di 33 anni (min: 13; max: 89 anni) per le femmine. 

Cosa prevede il piano nazionale AIDS 2017/2019 (PNAIDS)?

Il PNAIDS 2017-2019 propone il miglior percorso possibile per conseguire gli obiettivi indicati come prioritari dalle agenzie internazionali (UNAIDS, WHO, ECDC) per porre fine all'epidemia globale di AIDS entro il 2030, rendendoli praticabili e misurabili nella nostra nazione: interventi di prevenzione, sostegno all’attività di volontariato e alle organizzazioni comunitarie, lotta alla stigmatizzazione, formazione di personale dedicato e azioni volte a far emergere il sommerso, favorire l’accesso al test, alla diagnosi precoce ed al miglioramento della qualità e sicurezza delle cure. Il PNAIDS stabilisce la necessità di aumentare e diversificare le occasioni/modalità di accesso al test, anche attraverso il coinvolgimento diretto nello screening e nella comunicazione del risultato di test rapidi da parte di operatori di associazioni non appartenenti alle professioni sanitarie, purchè debitamente formati. L’Italia in sintesi è l’unico Paese che fornisce gratuitamente diagnosi, management clinico e trattamento antiretrovirale a tutti, senza discriminazioni, comprese le persone che richiedono asilo e le persone che fanno uso di sostanze iniettive.


Si tratta di un Piano approvato alla fine del 2017 e molto illuminato, purtroppo diffuso nel momento in cui stava cominciando la pandemia da COVID-19, che ne ha fortemente ostacolato la realizzazione, gettando un cono d’ombra sulle patologie croniche, come l’infezione da HIV, aumentando le barriere all’accesso al test HIV e il collegamento tempestivo con i centri di cura per un trattamento immediato. 
Il Documento di consenso sulle politiche di offerta e modalità di esecuzione del test per HIV in Italia del 2011 (allegato A dell’Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano -GU Serie Generale n.191 del 18-08-2011) riporta una situazione di estrema disomogeneità dell'offerta del test HIV sul territorio nazionale, con mancato rispetto della legge 135/1990 e difformità rispetto a quanto suggerito dagli organismi internazionali. Tale situazione derivava dall’analisi di una banca dati del 2010 dei Centri pubblici (665 Laboratori clinici e Centri Trasfusionali) ottenuta da precedenti mappature dell'ISS, che hanno evidenziato come, nei Centri coinvolti mancasse una comune modalità di esecuzione del test, in particolar modo per quanto riguarda la gratuità, garantita solo nel 77% dei casi (ma prevista dal DL 29/4/1998 n.124 per tutti i comportamenti a rischio); anonimato, assicurato solo nel 38,4% (ma previsto dalla legge 135/1990); colloquio pre test eseguito solo nel 48% dei casi e colloquio post test eseguito solo nel 44,7% (ma entrambi previsti per tutti dalla legge 135/1990 e raccomandati da tutte le indicazioni internazionali); consegna del referto al diretto interessato in busta chiusa solo nel 30% circa dei casi e consegna da parte di un medico in circa il 50% dei casi (ma previsti entrambi in ogni caso dalla legge 135/1990).
Risultati sovrapponibili e preoccupanti erano stati ottenuti anche dal questionario effettuato dal nostro GdS diagnostica infettivologica su piattaforma Monkey nel 2017: test anonimo e gratuito effettuato all’80% degli utenti che ne fanno richiesta, colloquio pre test personalizzato solo nel 18% dei laboratori, colloquio post test solo nel 73% dei casi positivi, inviati direttamente alla struttura specialistica solo nel 38% dei casi.
In occasione della giornata Mondiale AIDS 2019, è stato presentato al Ministero della Salute da Sda Bocconi -CERGAS in partnership con la SIMIT il progetto di ricerca “Aids Plan Regional Implementation” (APRI), ha fatto emergere ancora evidenti criticità e difformità a livello regionale, che impediscono di raggiungere gli obiettivi di contenimento e cura dell’HIV/AIDS a livello nazionale: 1) Recepimento del PNAIDS ancora non uniforme e incompleto: solo nel 50% recepimento con delibere regionali, solo nel 38% nomina della Commissione regionale Aids; solo nel 37% delle Regioni realizzazione di campagne di comunicazione per le popolazioni target;  2) Presa in carico ancora centrata nei Centri HIV ospedalieri e mancanza di integrazione con i servizi territoriali e i servizi di prevenzione e sanità pubblica; 3) mancanza di un percorso di presa in carico continuativo, con presenza in un PDTA regionale per HIV solo nel 28% delle Regioni; 4) sistemi di sorveglianza HIV e AIDS “non sono ancora parlanti”, né unificati. 
Partendo dalle criticità emerse dalla prima fase dello studio, nel 2021 il Progetto APRI 2.0 ha identificato strategie d’intervento più adeguate, attraverso la realizzazione di casi di studio che hanno riguardato quattro diverse regioni italiane (Piemonte, Puglia, Sicilia e Veneto), sottolineando come il rilancio della lotta all’HIV debba passare attraverso un sistema integrato e in linea con gli obiettivi posti a livello internazionale per il 2025. 
La Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione delle strategie attivate per fronteggiare l’infezione da HIV (18) (trasmessa dal Ministero della Salute il 30/12/2022) illustra le attività svolte nel 2021 relativamente ai settori della informazione, della prevenzione, della diagnosi, della terapia, dell’assistenza e dell’attuazione di progetti di ricerca. Dovranno essere definiti specifici percorsi e protocolli per l’accesso da parte di minori, che attualmente devono essere accompagnati da un genitore. L’Intesa Stato/Regioni che ha sancito il PNAIDS nel 2017, ha previsto la modifica della legge 135/90, di cui già nel 2019 è stata presentata alla Camera una proposta che prevede di inserire l’accesso ai minori.
L’Intesa Stato-Regioni del 12 marzo 2020 (19) su “La formazione degli operatori coinvolti nella realizzazione delle attività del PNAIDS” espone i contenuti che devono essere previsti per la formazione, rivolta sia agli operatori sanitari direttamente coinvolti nella diagnosi e nell’assistenza che ad altri operatori (MMG, farmacisti, operatori dei SerD, operatori degli istituti penitenziari, servizi socio-sanitari pubblici e del privato sociale, consultori familiari, Organizzazioni di volontariato, Check Point), che saranno di anno in anno coinvolti con corsi specifici che riguardano principalmente i contenuti e le modalità del counselling inerenti HIV e IST e l’esecuzione dei test rapidi.

Che cos’è l’iniziativa mondiale Fast Track Cities? 

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L'iniziativa Fast-Track Cities, lanciata da UNAIDS nella giornata mondiale AIDS 2014 (20) è una partnership globale tra città e municipalità di tutto il mondo e 4 partner principali: l'International Association of Providers of AIDS Care (IAPAC), il Programma congiunto delle Nazioni Unite sull'HIV/AIDS (UNAIDS), l'United Nations Human Settlements Programme (UN-Habitat) e la Città di Parigi. I Sindaci designano le loro città come Fast-Track Cities firmando la Dichiarazione di Parigi, che delinea una serie di impegni per raggiungere gli obiettivi dell'iniziativa. Come si è visto durante la pandemia COVID-19, le organizzazioni guidate dalle comunità si sono mobilitate quando e dove i governi non riuscivano a farlo. I gruppi guidati da e per le persone che vivono con l'HIV e le popolazioni chiave, tra cui le donne e i giovani, hanno sfruttato le conoscenze sull'HIV per acquisire competenze più ampie sulla pandemia. Questi gruppi della società civile hanno distribuito farmaci antiretrovirali (per posta o a mano) e kit per l'autodiagnosi, hanno negoziato con i funzionari governativi per garantire l'accesso ai farmaci ART e hanno distribuito pacchi alimentari e altri beni di prima necessità.

Inizialmente fortemente incentrata sugli obiettivi 90-90-90, la Dichiarazione di Parigi è stata aggiornata nel 2019 per stabilire il raggiungimento dei nuovi obiettivi 2021-2026 verso l'azzeramento di nuove infezioni da HIV e zero decessi correlati all'AIDS nel 2030.

Questa nuova iniziativa riconosce il ruolo fondamentale di sostegno che le ODV, le comunità e le città svolgono nella risposta all'HIV. Grazie al network FAST TRACK CITIES, nel 2022 costituito da più di 400-città nel mondo (19 in Italia), istituzioni, associazioni del terzo settore ed organizzazioni locali che si sono attivamente impegnate per aumentare i servizi di prevenzione (soprattutto test rapidi per HIV, HCV, sifilide, su prelievo di sangue capillare e incontri con la cittadinanza), rivolti soprattutto alle popolazioni chiave; fornire un immediato legame con i servizi per la presa in carico e la terapia; eliminare lo stigma; porre fine alle disuguaglianze; ridurre l'emarginazione sociale. Negli obiettivi UNAIDS 2021-2026 il 90% delle persone a rischio di HIV dovrebbe infatti avere accesso a servizi di prevenzione combinata e l’80% dei servizi di prevenzione per le popolazioni chiave dovrebbe essere fornito dalle community. In particolare i Check Point sono centri gestiti dalle Associazioni, in collaborazione con i Comuni e con le Strutture Sanitarie territoriali, e sono dedicati alla prevenzione dell’HIV e delle altre IST.
Il decreto “Misure urgenti per l'offerta anonima e gratuita di test rapidi HIV e per altre IST in ambito non sanitario alla popolazione durante l'emergenza COVID-19” del 17 marzo 2021 (21) garantisce alla popolazione la possibilità di sottoporsi ai test di screening per HIV e altre IST, in contesti con comprovata esperienza di enti del terzo settore o organizzazioni della società civile, senza ritardi dovuti allo stato di emergenza Covid-19. I test rapidi eseguiti per HIV, HCV e sifilide non si configurano come test diagnostici, bensì come test di screening, il cui risultato reattivo deve essere confermato con metodica tradizionale su prelievo venoso ed altri accertamenti (carica virale, linfociti CD4).
L’elenco delle sedi Check Point community based in Italia è presente nel sito unicontrolaids.it unicontrolaids.it 

Test di Laboratorio e Ruolo delle Associazioni

I test per screening, Conferma e follow-up in ItaliaPer lo screening dell’HIV sono disponibili differenti tipi di test, da utilizzare in diverse situazioni, ricapitolabili in: diagnosi precoce dopo una esposizione a rischio (con o senza eventuale sintomatologia); sorveglianza di soggetti con comportamenti a rischio; sensibilizzazione alla esecuzione del test nei paesi industrializzati e non; come iniziativa di Sanità pubblica.

Per lo screening i test da utilizzare sono quelli di 4° generazione, sia in automazione (eseguiti su sangue venoso) mediante metodo immunoenzimatico o chemiluminescente che mediante POCT o card (eseguiti su sangue capillare), mediante metodo immunocromatografico e lettura strumentale o visuale dopo 15-20 minuti (molto simili al test COVID), con accesso diretto, in modo anonimo e gratuito. Esistono anche self test rapidi su sangue capillare o sulla saliva raccolta mediante un tampone, acquistabili in farmacia ed eseguibili a domicilio, raccomandati da WHO dal 2019 (22), soprattutto per i Paesi ad alta circolazione. Si segnala però che la saliva contiene molti meno anticorpi IgG rispetto al sangue. Per evitare errori nella esecuzione del test, o una interpretazione errata, o in caso di soggetti particolarmente emotivi si raccomanda che il test venga eseguito in ambiente protetto (strutture sanitarie, ODV) dove è presente personale formato e qualificato, nei contesti a maggior rischio.

I test di 4° generazione (altrimenti noti come test combinati) rilevano contemporaneamente gli anticorpi anti HIV 1 e 2 (che diventano positivi 20-30 giorni dopo l’infezione) e l’antigene p24, che compare molto precocemente dopo un eventuale contagio (10-12 giorni): diventano positivi a 15-30 giorni dal rischio (alla revisione HIV test di screening). WHO sconsiglia fin dal 2008 di utilizzare test di 3° generazione (che però sono ancora in commercio e acquistabili online).

In generale ogni risultato positivo in automazione o reattivo su card va confermato mediante altre metodiche sierologiche tradizionali (ripetizione con altro test di 4° generazione, esecuzione di test di 5° generazione, quantificazione dell’antigene p24) e molecolari (HIV RNA, quantificazione della carica virale), da effettuare presso la struttura specialistica ospedaliera a cui il soggetto verrà indirizzato. Un risultato negativo è affidabile nel caso si tratti di un test di routine, effettuato per controllo, ma nel caso di esposizione a rischio (senza condom) è opportuno ripeterlo dopo 30 giorni.

In Italia tutte le strutture sanitarie ospedaliere e territoriali, pubbliche e private eseguono il test HIV di screening (laboratori analisi, ambulatori per IST, reparti di malattie infettive, ecc).

Con il decreto citato (22) per l'offerta anonima e gratuita di test rapidi HIV e per altre IST in ambito non sanitario, molte ODV e iniziative Fast Track Cities hanno cominciato ad eseguire il test presso le loro sedi oppure in occasione di campagne periodiche di informazione e sensibilizzazione della popolazione per la prevenzione delle infezioni da HIV e IST. L’accesso è generalmente libero o su prenotazione (anche online), e per le strutture pubbliche con o senza impegnativa medica (codice di esenzione B01). Il Ministero della Salute ha promosso un sito internet con un elenco di centri presso cui fare il test in modo anonimo e gratuito presso le strutture ospedaliere e territoriali (https://www.uniticontrolaids.it) con un numero di telefono per informazioni (800 861 061).

Tra gli elementi critici che ritardano o ostacolano l’accesso al test, diversamente rappresentati sul territorio italiano, ci sono: le insufficienti informazioni fornite all’utenza sulle modalità di accesso (anonimato, gratuità, non necessità dell’impegnativa del medico di base); la preoccupazione da parte di chi fa il test riguardo al rispetto della privacy; gli ostacoli logistici (orari e luoghi spesso non compatibili con le esigenze dell’utente); le reticenze individuali e sociali nell’affrontare tematiche associate al tema “sesso” in senso lato.

Il Piano Nazionale Prevenzione 2020-2025 (PNP2020-2025) (23), al Macro Obiettivo 6 - Malattie infettive prioritarie nel capitolo HIV e AIDS definisce come punto centrale della strategia la rimozione delle barriere di accesso al test HIV e ai test per IST.

I colloqui (counselling) pre e post-test

WHO nel 2019 con le Consolidate guidelines on HIV Testing Services (HTS) (24), che anche il PNAIDS e successive norme prevedono nelle strutture di Laboratorio pubbliche e private e nei punti prelievo della comunità, indica i servizi che devono essere forniti insieme al test: breve colloquio pre-test, da parte di personale adeguatamente formato, non necessariamente medico, che preveda informazioni sulle modalità di trasmissione del virus HIV; sulle caratteristiche del test che verrà eseguito (4° generazione, in automazione o manuale rapido), sul periodo finestra (15-30 giorni), sulla eventuale necessità di eseguire un secondo prelievo; sulla data e sulle modalità di consegna del referto (da non fornire mai on-line); colloquio post-test in caso di positività al primo test o reattività al test rapido o self test e invio ai centri di riferimento per i test di conferma e presa in carico per l’avvio immediato della terapia; invio a strutture per la prevenzione e il trattamento delle IST; invio delle persone negative ma vulnerabili rispetto al rischio di infezione ad altri servizi di prevenzione (trattamento delle dipendenze, supporto psicologico o psichiatrico, centri per IST, controllo ginecologico, ecc ); corretto uso del condom ed altre precauzioni utili; supporto per il rintraccio e la comunicazione del risultato positivo ai partner presenti e passati; necessità di periodici controlli della carica virale in corso di TasP; supporto per comunicazione del risultato positivo e colloquio ai partner presenti e passati Con il counselling post-test dovrà essere comunicato con chiarezza che una diagnosi di positività indica una condizione cronica gestibile per tutta la vita con farmaci specifici che dovranno essere iniziati il prima possibile ed assunti sempre regolarmente, per evitare di tramettere l’infezione ad altri, secondo il principio U=U. Dovranno inoltre essere offerti: la PrEP ai soggetti negativi ma vulnerabili al rischio di infezione (link alla revisione test di screening HIV).
La persona dovrà avere l’opportunità di porre domande, in particolare sugli aspetti preventivi anche di altre infezioni a trasmissione sessuale o ematica.

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Nel 2022, WHO ha pubblicato le “Strategie del settore sanitario globale sull’HIV, l’epatite virale e le infezioni a trasmissione sessuale (GHSS) 2022-2030” (25), per guidare il settore sanitario a raggiungere l’obiettivo di porre fine a queste epidemie entro il 2030. Per maggiori informazioni a riguardo consultare la Figura “Strategie su HIV, epatiti e IST” nella sezione Immagini Correlate.

HIV, epatite virale e infezioni a trasmissione sessuale (IST) colpiscono molti gruppi di popolazione sovrapposti, creando sindemie, ovvero 2 o più infezioni che interagiscono sinergicamente e contribuiscono ad aumentare il carico di malattia in una popolazione. Le infezioni citate condividono inoltre determinanti e interventi di erogazione dei servizi comuni. WHO raccomanda approcci armonizzati e programmi collegati, consolidando per la prima volta le strategie per l’HIV, l’epatite virale e le IST in un unico documento con un approccio di assistenza sanitaria primaria. Le disuguaglianze persistenti rendono urgente riorientare le risposte alle malattie con un approccio di assistenza sanitaria primaria. Il settore sanitario deve assumere un ruolo guida nel coinvolgere altri settori in un approccio olistico alla salute.

Il nuovo ruolo dei laboratori di Patologia Clinica, dei distretti territoriali, delle comunità e delle organizzazioni di volontariato per la prevenzione

È opportuno quindi costruire/rafforzare un nuovo ruolo dei Laboratori di Patologia Clinica, anche privati, delle strutture territoriali, delle comunità e delle ODV che preveda questi servizi e garantisca anche counselling pre e post ed invio per la immediata presa in carico del soggetto da parte dei Centri regionali AIDS.

Al momento, integrando quanto previsto dal PNAIDS, i principali interventi combinati di prevenzione e le strategie di diagnosi riguardano i seguenti aspetti:

  • Garantire l’informazione alla popolazione della possibilità dell’esecuzione del test HIV combinato di 4° generazione, in modo anonimo e gratuito, anche senza impegnativa del medico curante
  • Aumentare e diversificare le occasioni/modalità di accesso facilitato (prenotazione on-line, orario pomeridiano) al test di screening, utilizzando anche approcci proattivi attraverso: ambulatori territoriali, centri per le IST, servizi di Igiene e Sanità pubblica, organizzazioni di volontariato che offrano anche test rapidi community based (COBATEST)
  • Attuare continuativamente iniziative mirate alla promozione del test (sito web, social network, Carta dei Servizi), sui comportamenti a rischio, promuovendo anche un approccio integrato alle IST, attraverso brochure e apposite presentazioni che descrivano i benefici di una diagnosi precoce, la disponibilità di strategie di prevenzione basate sull’utilizzo di farmaci antiretrovirali combinati
  • Utilizzare, come raccomandato da WHO per le prevalenze inferiori al 5%, una strategia a 3 test successivi, utilizzando come primo test quello con una sensibilità di almeno il 99%, seguito da un secondo e terzo test di più alta specificità. Il primo test può essere un test rapido combinato di 4° generazione, realizzato nella comunità e i test di conferma possono essere effettuati dal Laboratorio di Patologia Clinica
  • Offrire attivamente il test HIV ai soggetti con test positivo per un’altra IST (sifilide, gonorrea, condilomi, ecc), epatite virale (HCV, HBV, HAV), tubercolosi, ecc
  • Garantire la diagnosi e il collegamento al percorso di cura in tempi brevissimi
  • Condividere con il soggetto a rischio l’opportunità di effettuare il test per la carica virale a intervalli regolari
  • Collaborare a livello regionale per collegare in rete ambienti di offerta del test sanitari e non
  • Ridurre quanto più possibile i tempi di esecuzione e facilitare l’accesso per il ritiro dei referti (sempre con colloquio post-test), al fine di ridurre a zero la probabilità di mancato ritiro dei referti positivi.

Immagini correlate

Il percorso del virus. Fonte immagine: Science. 2014 Oct 3;346(6205):56-61. doi: 10.1126/science.1256739. Epub 2014 Oct 2.
Il percorso del virus. Fonte immagine: Science. 2014 Oct 3;346(6205):56-61. doi: 10.1126/science.1256739. Epub 2014 Oct 2.
Dati demografici della campagna Tackle HIV “Sex of Our Nations”. Fonte immagine: Tacklehiv.org
Dati demografici della campagna Tackle HIV “Sex of Our Nations”. Fonte immagine: Tacklehiv.org
HIV e stigma. Fonte immagine: Dr.ssa Paola Pauri
HIV e stigma. Fonte immagine: Dr.ssa Paola Pauri
La terapia ART: prevenzione e attesa di vita. Fonte immagine: Samji H et al., PLoS ONE, 2013
La terapia ART: prevenzione e attesa di vita. Fonte immagine: Samji H et al., PLoS ONE, 2013
Indagine “Sex of Our Nations” della campagna “Tackle HIV”. Fonte immagine: Tacklehiv.org
Indagine “Sex of Our Nations” della campagna “Tackle HIV”. Fonte immagine: Tacklehiv.org
Strategie del settore sanitario globale sull’HIV, epatiti virali e infezioni a trasmissione sessuale approvate nel giugno 2022. Fonte immagine: https://www.who.int/teams/global-hiv-hepatitis-and-stis-programmes/strategies/global-health-sector-strategies
Strategie del settore sanitario globale sull’HIV, epatiti virali e infezioni a trasmissione sessuale approvate nel giugno 2022. Fonte immagine: https://www.who.int/teams/global-hiv-hepatitis-and-stis-programmes/strategies/global-health-sector-strategies

Fonti

Fonti utilizzate nella revisione corrente

1.         S. Gryseels,T.D. Watts, J. Kabongo et al. A near full-length HIV-1 genome from 1966 recovered from formalin-fixed paraffin-embedded tissue. Proc Natl Acad Sci U S A. 2020 Jun 2; 117(22): 12222–12229. doi: 10.1073/pnas.1913682117

2.         Undetectable = untransmittable: PublicHealth and Viral Suppression. Geneva: UNAIDS; 2018 https://www.unaids.org/en/resources/presscentre/featurestories/2018/july/undetectable-untransmittable

3.         Conferenza di Consenso (CC) 2019 su UequalsU (U=U) www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2903_allegato.pdf

4.         UNAIDS TERMINOLOGY GUIDELINES https://www.unaids.org/sites/default/files/media_asset/2015_terminology_guidelines_en.pdf

5.         WHO Consolidated guidelines on sexual and reproductive health and rights of women living with HIV, 2019 https://www.who.int/publications/i/item/9789241549998

6.         WHO Consolidates Guidelines on the use of antiretroviral drugs for treating and prevention HIV infection 2016 Recommendation for a public health approach https://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato8908025.pdf

7.         Calabrese SK, Mayer KH, Marcus JL. Prioritising pleasure and correcting misinformation in the era of U=U. Lancet HIV. 2021 Mar; 8(3):e175-e180. doi: 10.1016/S2352-3018(20)30341-6. PMID: 33662266; PMCID: PMC8359535.

8.         WHO the role of HIV viral suppression in improving individual health and reducing transmission, 2023 https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/360860/9789240055179-eng.pdf?sequence=1&isAllowed=y

9.         The risk of sexual transmission of HIV in individuals with low-level HIV viraemia: a systematic review 2023. L.N. Broyles, R. Luo, D. Boeras, L. Vojno https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC10415671/pdf/main.pdf

10.      Gazzetta Ufficiale n.115 del 18-05-2023 Regime di rimborsabilita' e prezzo, a seguito di nuove indicazioni terapeutiche, del medicinale per uso umano «Emtricitabina/Tenofovir Disoproxil Mylan»

11.      K. H. Mayer, A. Agwu, D. Malebranche. Barriers to the Wider Use of Pre-exposure Prophylaxis in the United States: A Narrative Review. Adv Ther (2020) 37:1778–1811 https://doi.org/10.1007/s12325-020-01295-0

12.      UNAIDS. 90-90-90: An Ambitious Treatment Target to Help End the AIDS Epidemic. Geneva: UNAIDS; 2021. https://www.unaids.org/en/resources/909090

13.      Global AIDS Strategy 2021-2026 — End Inequalities. End AIDS. Geneva: UNAIDS; 2021. https://www.unaids.org/en/resources/documents/2021/2021-2026-global-AIDS-strategy

14.      UNAIDS 2021: Confronting inequalities. Lessons for pandemic responses from 40 years of AIDS

https://www.unaids.org/en/resources/documents/2021/2021-global-aids-update-slideset

15.      The Sustainable Development Goals Report 2023: Special Edition 2023 https://unstats.un.org/sdgs/report/2023/

16.      UNAIDS 2022 Full report — In Danger: UNAIDS Global AIDS Update 2022 https://www.unaids.org/en/resources/documents/2022/in-danger-global-aids-update

17.      UNAIDS FACT SHEET 2023 (dati 2022) https://www.unaids.org/sites/default/files/media_asset/UNAIDS_FactSheet_en.pdf

18.      Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione delle strategie attivate per fronteggiare l’infezione da HIV https://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=6125

19.      Intesa Stato-Regioni 12 marzo 2020 La formazione degli operatori coinvolti nella realizzazione delle attività del PNAIDS https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_5213_0_file.pdf

20.      WHO Recommends HIV Self Testing – Evidence Update and Considerations for Success Policy Brief. Geneva: 2019  https://www.who.int/publications/i/item/WHO-CDS-HIV-19.36

21.      UNAIDS- Fast track-Ending the AIDS epidemic by 2030, 2014 https://www.unaids.org/sites/default/files/media_asset/JC2686_WAD2014report_en.pdf

22.      Misure urgenti per l'offerta anonima e gratuita di test rapidi HIV e per altre IST in ambito non sanitario alla popolazione durante l'emergenza COVID-19 (GU Serie Generale n.98 del 24-04-2021) https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2021/04/24/21A02416/sg

23.      Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025 https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_notizie_5029_0_file.pdf

24.      WHO 2019 CONSOLIDATED GUIDELINES ON HIV TESTING SERVICES FOR A CHANGING EPIDEMIC

https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/179870/97892415?sequence=1

25.      WHO Global Health Sector Strategies on, respectively, HIV, viral hepatitis and sexually transmitted infections for the period 2022-2030 (GHSS) https://www.who.int/teams/global-hiv-hepatitis-and-stis-programmes/strategies

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