Per determinare se il paziente ha contratto il virus dell’immunodeficienza umana (HIV).
Per determinare se il paziente ha contratto il virus dell’immunodeficienza umana (HIV).
Un campione di sangue venoso prelevato dal braccio o tramite la puntura del dito (sangue capillare); il test HIV può essere effettuato anche su saliva, mediante raccolta dell'essudato gengivale.
No, nessuna.
I test per la ricerca degli anticorpi anti-HIV e dell’antigene p24 vengono utilizzati come screening per la diagnosi di infezione da HIV.
Per lo screening dell’HIV sono disponibili differenti tipi di test:
Nella ricerca degli anticorpi anti-HIV tutti i test disponibili rilevano la presenza di HIV-1, mentre solo alcuni sono in grado di rilevare gli anticorpi anti-HIV-2. Questi test sono eseguibili sia su sangue che su saliva e sono in grado di rilevare l’infezione da HIV da 3 a 12 settimane dopo il contagio.
Nel caso in cui il test di screening fornisca un risultato positivo, la conferma della diagnosi necessita comunque dell’esecuzione di un secondo test, generalmente un test sierologico differente dal precedente.
Nel caso in cui i due test forniscano risultati discordanti, viene eseguito un terzo test che prevede la ricerca del materiale genetico virale (RNA). Il test HIV-RNA è in grado di rilevare l’infezione dopo 1-4 settimane dal contagio.
Alcune organizzazioni raccomandano lo screening in routine per l’HIV:
Per i soggetti a rischio viene raccomandato uno screening annuale; essi comprendono coloro che:
Anche se non inserite nei gruppi di persone considerate a rischio, dovrebbero sottoporsi al test anche le seguenti categorie:
Le linee guida internazionali per la diagnosi di infezione da HIV raccomandano di seguire il seguente protocollo a più fasi per lo screening e la diagnosi di HIV:
Attualmente non esistono vaccini contro l’HIV; evitare di praticare sesso non protetto e di condividere gli aghi utilizzati per l’assunzione di droghe da iniezione è attualmente l’unico modo per diminuire le probabilità di contrarre la malattia.
Il CDC e l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomandano alle persone altamente a rischio di infezione di effettuare un trattamento profilattico prima dell’eventuale esposizione al virus (pre-exposure prophylaxis; PrEP) tramite l’assunzione giornaliera di un farmaco. Le persone non infette che si sottopongono ad un trattamento profilattico presentano un rischio significativamente inferiore (pari al 92%) di contrarre l'infezione rispetto a coloro che non lo effettuano.
Nei pazienti affetti la diagnosi precoce è importante per prevenire la diffusione del virus, ma anche come supporto alla valutazione, al monitoraggio e al trattamento della malattia. Gli operatori sanitari devono proteggersi dall’infezione da HIV tramite l’utilizzo di DPI (dispositivi di protezione individuale), come i guanti, ed adottando le procedure volte alla diminuzione del rischio di puntura con aghi infetti.
La profilassi post-esposizione (PEP) è un'altra strategia utile per prevenire l'infezione da HIV. La PEP consiste nell'assunzione farmaci antiretrovirali dopo una possibile esposizione recente al virus. La PEP dovrebbe essere utilizzata solo in situazioni di emergenza e deve essere assunta entro 72 ore dalla possibile esposizione al virus. Occorre discutere con il medico riguardo la possibilità di sottoporsi a PEP nelle seguenti condizioni:
I sintomi iniziali dell’infezione da HIV possono mimare quelli dell’influenza o di altre infezioni virali. L’unico modo per confermare la presenza del virus è effettuare il test. Alcune persone sieropositive per HIV rimangono asintomatiche per anni dopo l’infezione iniziale, o manifestano sintomi molto simili a quelli di altre patologie. Per maggiori informazioni a riguardo, visitare il sito del Ministero della Salute: HIV e AIDS.
Attualmente, non sono disponibili cure per l’HIV e per l’AIDS. Tuttavia, la diagnosi precoce consente la tempestiva somministrazione della terapia antiretrovirale (ART) con conseguente diminuzione della carica virale ed aumento dell'aspettativa di vita. Il Dipartimento della salute e dei servizi umani statunitense (DHHS) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomandano a tutte le persone sieropositive per HIV di sottoporsi alla terapia antiretrovirale il prima possibile, incluse le donne in gravidanza. Con il miglioramento delle terapie, è migliorata sia la qualità che l’aspettativa di vita delle persone infette.
Generalmente, la terapia antiretrovirale prevede la somministrazione contemporanea di tre farmaci appartenenti a due classi differenti, volti a prevenire o minimizzare la replicazione virale ma anche la comparsa di ceppi farmaco-resistenti. La combinazione di tre o più classi di farmaci prende il nome di terapia antiretrovirale altamente attiva (HAART). Per maggiori dettagli riguardo il trattamento, consultare la sezione "Trattamento" dell'articolo HIV e AIDS.
Sì, se si risulta positivi al test dell’HIV, è importante comunicarlo al medico ed ai partner sessuali, attuali e futuri, e ad ogni persona con cui si condividano aghi. Nella struttura in cui si effettua il test è disponibile un servizio di consulenza, ma anche il medico curante può aiutare il paziente nella scelta delle persone da informare. Al numero verde 800 861 061 è disponibile un servizio nazionale di consulenza telefonica sull'infezione da HIV, sull'AIDS e sulle Infezioni Sessualmente Trasmesse.
Lo stato di infezione da HIV, come le altre condizioni mediche ed i risultati dei test, è protetto da segreto professionale e non può essere condiviso con amici, parenti o colleghi senza l’autorizzazione scritta dell’interessato. Lo stato di infezione da HIV può essere condiviso con gli operatori medici che si occupano della persona affetta solo per motivi professionali. Inoltre, ogni nuovo caso di HIV deve essere registrato dalle ASL, per determinare l’incidenza dell’HIV al fine di fornire adeguati sevizi di prevenzione e di cura.
Alcuni centri garantiscono l’anonimato (il nome della persona non viene mai fornito) o la confidenzialità (il nome viene fornito ma rimane privato).
Esistono varie modalità con le quali è possibile sottoporsi al test:
Dipende dal test. Il test combinato che rileva l'antigene p24 e gli anticorpi anti-HIV in un campione di sangue venoso è in grado di rilevare l'infezione dopo 2-6 settimane dal contagio. Il test combinato eseguito su un campione di sangue capillare (ottenuto tramite puntura del dito) rileva l'infezione da HIV dopo circa 2-12 settimane dal contagio. Il test per la ricerca degli anticorpi anti-HIV su sangue può rilevare l'infezione dopo circa 3-12 settimane dal contagio.
Nel caso in cui il test dell'HIV fornisca un risultato positivo, dovrebbero essere eseguiti i seguenti esami di follow-up:
Le donne in gravidanza sieropositive possono invece sottoporsi ad una terapia volta a minimizzare il rischio di trasmissione materno-fetale dell’infezione. Dopo la nascita del bambino si consiglia di evitare l’allattamento al seno. Le donne che stanno assumendo farmaci antivirali al momento della gravidanza dovrebbero continuare fino al momento del parto. Nelle donne che non stanno assumendo farmaci per l'HIV o che presentano un'elevata carica virale durante la gravidanza, la somministrazione di una terapia antiretrovirale endovenosa a base di zidovudina alla madre durante il parto e al neonato per via orale nelle successive 6 settimane, per due volte al giorno, consente di diminuire dal 25-33% all'1-2% il rischio di trasmissione dell’infezione al neonato.