Clostridium difficile
In presenza di diarrea lieve, moderata o grave persistente, associata a dolore addominale, perdita di appetito o febbre, specialmente in seguito a terapia antibiotica.
Un campione di feci liquide o destrutturate raccolte in un contenitore sterile, non contaminate con acqua o urina, fresche o mantenute refrigerate fino all'arrivo in laboratorio.
No, nessuna.
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Quali informazioni è possibile ottenere?
I test per la ricerca del batterio C. difficile, della tossina da esso prodotta e dei geni associati alla tossina, vengono utilizzati per la diagnosi di diarrea o altre manifestazioni patologiche che potrebbero essere correlate con la presenza di questo microrganismo. Le cause infettive o non infettive responsabili di diarrea acuta o cronica sono molteplici, e questo test consente di chiarirle.
Esistono numerosi test volti alla rilevazione del ceppo batterico responsabile dell’infezione e della sua tossina.
L’analisi dei dati ottenuti dall’Istituto Superiore di Sanità durante l’esecuzione del Progetto “Sorveglianza delle Infezioni da Clostridium difficile. Aspetti epidemiologici e microbiologici”, finanziato dal Centro per la Prevenzione e Controllo delle Malattie (CCM) del Ministero della Salute e condotto tra il 2012 e il 2013, ha fornito una proposta di protocollo diagnostico che prevede:
- Valutazione dell’idoneità del campione (feci diarroiche consegnate fresche o conservate refrigerate per non più di 48 ore dalla raccolta) appartenenti a pazienti che presentino un quadro clinico compatibile con CDI (infezione da Clostridium difficile)
- Test di screening del campione di feci utilizzando il test per l’antigene di C. difficile noto con il nome di glutammato deidrogenasi (GDH) o antigene comune. Questo test rileva la presenza di un antigene prodotto in grande quantità da C. difficile, sia nel caso di ceppi producenti tossine che non producenti tossine. È un test considerato altamente sensibile ma non molto specifico per i ceppi di C. difficile producente le tossine. Questo test indica quindi la presenza del batterio ma non la sua capacità di produrre le tossine.
- In caso di risultato positivo al test GDH, valutazione della presenza della tossina tramite:
- Test immunoenzimatico (EIA) per la ricerca delle tossine A, B o A+B. Questo metodo è molto comune nei laboratori e richiede circa 1-4 ore. Nonostante sia un test rapido può non essere sufficientemente sensibile per rilevare tutte le infezioni, con una mancata rilevazione in circa il 30% dei casi.
- Test molecolare (nucleic acid amplification tests, NAAT). Questo è un metodo rapido e sensibile per confermare la presenza di tossine di C. difficile. Tuttavia essendo piuttosto costoso potrebbe non essere disponibile in tutti i laboratori. Il numero di risultati falsamente positivi viene limitato dall'esecuzione del test solo in soggetti sintomatici e positivi al test di screening.
- Nel caso i test per la ricerca delle tossine forniscano esito negativo ma permanga il sospetto clinico, può essere eseguita una coltura tossinogenica volta a confermare o escludere la CDI. Questa prevede la crescita del batterio in uno specifico terreno di coltura e quindi l’identificazione della tossina. È il metodo considerato gold standard ma la sua esecuzione richiede 2-3 giorni.
Altri test per la rilevazione delle tossine sono:
- Test di citotossicità cellulare - Questo test analizza gli effetti citotossici delle tossine eventualmente presenti su una coltura di cellule umane. Questo è il metodo più sensibile per la rilevazione delle tossine ma la formulazione del referto richiede 24-48 ore.
- Pannello gastrointestinale (GI) - si tratta di un test in grado di rilevare simultaneamente molti patogeni (virus, batteri o parassiti) presenti in un campione di feci. E' un utile sostegno alla diagnosi delle infezioni del canale digerente. Tuttavia, poiché esistono molti patogeni responsabili delle infezioni gastrointestinali, tra i quali C. difficile, per la formulazione della diagnosi il pannello GI deve essere utilizzato in associazione ad altri esami, come la coprocoltura o la ricerca di uova e parassiti.
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Quando viene prescritto?
I test per C. difficile possono essere richiesti nel caso in cui un paziente ricoverato da più di tre giorni manifesti frequenti episodi di diarrea, dolore addominale, febbre e/o nausea durante o dopo un trattamento antibiotico o dopo un intervento gastrointestinale. Il test può essere richiesto anche per persone non presenti in ospedale che abbiano sviluppato gli stessi sintomi entro 6-8 settimane dall’assunzione di terapia antibiotica, alcuni giorni dopo la chemioterapia o nel caso in cui il clinico sospetti che un paziente affetto da un disordine gastrointestinale cronico stia peggiorando la propria sintomatologia a causa di un’infezione di C. difficile. Infine, i test per C. difficile possono essere richiesti come supporto alla diagnosi della causa di una diarrea per la quale siano già stati esclusi altri agenti eziologici comuni.
Nel caso in cui un paziente trattato abbia una ricaduta dei sintomi di diarrea o colite associata al trattamento antibiotico, i test per C. difficile possono essere utilizzati per confermare di nuovo la presenza della tossina.
Nei pazienti asintomatici il test non dovrebbe essere richiesto, né per il monitoraggio del trattamento: l’efficacia del trattamento può essere rilevata grazie alla diminuzione e quindi assenza dei sintomi correlati. Non è raccomandato ripetere un test per C. difficile dopo un risultato positivo, poiché la ripetizione del test non fornisce alcuna ulteriore utile informazione clinica. I test molecolari possono fornire risultati positivi anche dopo alcune settimane dalla guarigione completa.
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Cosa significa il risultato del test?
Se i test per la ricerca di C. difficile e della tossina di C. difficile sono positivi, allora è verosimile che la diarrea e i sintomi correlati siano dovuti alla presenza del batterio producente la tossina.
Un risultato positivo per la presenza di C. difficile o per l’antigene di C. difficile (GDH) ma negativo per la tossina, significa che il batterio è presente ma che non è in grado di produrre o non produce livelli rilevabili della tossina.
Un risultato negativo sia per la ricerca del batterio che della tossina, indica che la diarrea e gli altri sintomi correlati sono dovuti ad un’altra causa diversa dalla presenza di C. difficile producente la tossina. Poiché la tossina si degrada se mantenuta a temperatura ambiente per qualche ora, un risultato negativo potrebbe anche indicare un trasporto, stoccaggio e processamento non adeguato del campione. Se esiste il dubbio che un campione di feci non sia stato raccolto e processato in maniera appropriata, è consigliabile ripetere l’esame su un secondo campione di feci.
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C’è altro da sapere?
Nel caso in cui sia diagnosticata un’infezione da C. difficile producente la tossina, il trattamento consiste nell’interruzione dell’assunzione dell’antibiotico e nella prescrizione di un appropriato trattamento antibiotico orale, come con metronidazolo o vancomicina, in grado di eliminare C. difficile.
Per la diagnosi di colite causata da C. difficile è possibile effettuare un’endoscopia. Lo specialista (un gastroenterologo) può così esaminare il colon e, tramite una biopsia, valutare la presenza delle caratteristiche lesioni pseudomembranose.
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Cos’altro può provocare diarrea ?
La diarrea può essere dovuta ad un’infezione operata da batteri patogeni (di solito Salmonella, Shigella, Campylobacter o Escherichia coli), virus, parassiti oppure da intolleranza alimentare, da farmaci, da disordini intestinali cronici come la sindrome del colon irritabile, da sindromi da malassorbimento (come la celiachia). La diarrea può anche essere causata o esacerbata da stress psichici.
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Perché il campione di feci deve essere fresco ?
Per la ricerca della tossina di C. difficile, il campione deve essere fresco perché la tossina si degrada in poche ore e questo può produrre un risultato falsamente negativo.
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Perché non devo essere assunti farmaci contro la diarrea (sintomatici) in caso di diarrea causata da C. difficile?
I farmaci anti-diarroici possono rallentare il passaggio delle feci attraverso il tratto gastrointestinale, aumentando il tempo in cui il colon è esposto alla tossina e quindi il danno tissutale e l’infiammazione.
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Una volta avuta un’infezione da C. difficile, è possibile averla nuovamente?
Sì, ma se ciò avviene nel breve periodo in genere si tratta di un caso di ripresa della crescita e della produzione della tossina da parte dello stesso ceppo, piuttosto che di nuova infezione. Questo accade quando la flora batterica normale non si è ancora completamente riformata. Un paziente che ha avuto una diarrea da C. difficile presenta anche un rischio maggiore di svilupparla nuovamente nel corso di futuri trattamenti con antibiotici.
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Esistono antibiotici che hanno più probabilità di provocare diarrea ?
Praticamente qualsiasi antibiotico può provocare la diarrea, dal momento che il farmaco altera la normale popolazione dei batteri “buoni” nell’intestino. Gli antibiotici ad ampio spettro, che distruggono molti tipi diversi di batteri, hanno più probabilità di eliminare la normale flora batterica intestinale e di permettere quindi al C. difficile di svilupparsi e di produrre la tossina.